Letta incassa la fiducia e tira avanti dritto. Il premier si dà diciotto mesi (dallo scorso aprile) per tirar fuori dalla crisi una società «fragile e stordita», rilanciare l’occupazione e ricostruire le istituzioni.
Il «patto di governo» piace a Scelta civica di Mario Monti, che per primo propose il contratto di coalizione. In effetti, ricorsi alla fiducia e strette in alcuni settori presentano curiose analogie con il suo governo tecnico.
«Impegno 2014» è il nuovo documento che verrà firmato a gennaio anche con Renzi e Alfano senza però che venga rimessa in discussione la fiducia incassata ieri.
Ora che il Cavaliere è uscito dalla maggioranza Letta si sente più forte e si concede di attaccare di petto le sue prede. La prima è Beppe Grillo, contro il quale il premier, nel giorno del «nuovo inizio» davanti al Parlamento, si scaglia con toni robusti scatenando la bagarre nell’Aula di Montecitorio.
Chiede rispetto per le istituzioni, stoppa chi incita le forze dell’ordine all’insubordinazione con «parole illegittime che avallano la violenza», invita le forze populiste che vogliono isolare l’Italia dall’Europa a non votare la fiducia. E in sede di replica, bacchettando il grillino Riccardo Nuti, strappa l’applauso più forte della sua nuova maggioranza, meno larga e più coesa: «O i giornalisti scrivono le cose che vi piacciono o vengono messi alla gogna, questo è inaccettabile».
Grillo si arrabbia, posta sul web una foto del premier con naso da Pinocchio e attacca: «Letta mente agli italiani e offende il M5S». Ma il premier insiste sulla linea dura e a sera, in tv, afferma che i «forconi» sono una piccola minoranza e «non rappresentano il Paese».
Certamente sono una minoranza, mica tutti quelli che soffrono riescono a stare 4-5 giorni per le strade, ma rappresentano un disagio che forse è ora di una maggioranza. Un malessere che, forse, non si era più verificato dal Dopoguerra in poi.
Paolo Pradolin
[12/12/2013]
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