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Sundown (Venezia 78), mancata la resa decadente del nostro tempo

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In concorso per il Leone d’Oro alla mostra del cinema di Venezia 2021, il film di Michel Franco è stato forse il film che ha meno convinto la giuria e gli spettatori, non portando nulla a casa.
Probabilmente il motivo risiede nell’essere una metafora dell’abbandono che, pur svolgendosi per strade impreviste, non possiede una forza di apologo sufficientemente originale e interessante.

Il racconto di questo sessantenne (Tim Roth) figlio di un magnate di carni suine che, in vacanza in un resort di Acapulco con sorella (C. Gainsbourg) e nipoti, riceve la notizia morte della madre ma, attraverso escamotages, rinuncia a partire per il funerale e si abbandona senza resistenza al destino che lo vede abbandonarsi e perdersi ai margini, dopo una mezz’ora incuriosente e piena di aspettative, scivola in un epilogo che raffredda ogni potenziale universale.

Film sotto l’influenza del caldo e del sole, racconto di impronta Bartlebiana (“i would prefer not to”, come diceva il celebre impiegato del racconto di Melville); abbandono di ogni legame, legge, convenzione come un Merseault del capolavoro di Camus “Lo straniero” che alla fin fine sembra essere tentato dal facile cinismo di maniera hoellebecquiano, il lavoro di Franco rinuncia ai paradossi di un destino subito e accettato per trovare una giustificazione sin troppo facile che cancella ogni forma di coraggio passivo del protagonista. Il quale alla fine assomiglia a tanti antieroi maschili già narrati nella letteratura novecentesca.

Per cui “Sundown” lascia per strada ogni possibilità di accostare il personaggio al senso di resa decadente del nostro tempo per diventare un racconto di maniera in cui il protagonista (banalmente maschio, una femmina avrebbe potuto essere più interessante), tra amplessi con una giovane e attraente proprietaria di un negozio di souvenir (Iazua Larlos), richiami al dovere da parte della sorella, incubi in cui forse si stigmatizza la fonte che ha arricchito la propria famiglia di origine, morti che accadono giusto in tempo, non ha nessun appeal di eroe contro ma resta principalmente un disadattato con una motivazione umana, troppo umana per lasciarsi andare alla deriva del bagnasciuga di una spiaggia frequentata da tamarri e delinquenti che agiscono a cielo aperto.

Un risultato strano e deludente per l’autore che l’edizione precedente della mostra aveva portato a casa il Leone d’argento con un film decisamente più importante, “Nuevo Orden”. Peccato perché le premesse di un film che poteva utilizzare i canoni dell’esistenzialismo per essere metafora di un occidente in cui solo il denaro rimane ultimo valore di riferimento potevano esserci tutti e invece alla fine sembra quasi difendere gli stessi elementi che cerca di distruggere. Questo nonostante le buone interpretazioni degli attori e una regia comunque in grado di utilizzare i sia pur non originali tempi e le ellissi della narrazione. Ma tutto suona come un deja vù che alla fin fine non ha il coraggio di andare fino in fondo. Assomigliando semmai al cinema esangue della Sofia Coppola dell’ingiustificabile Leone d’oro 2010, “Somewhere”.

Mostra del Cinema di Venezia 78
SUNDOWN (id, Messico/Svezia/Francia)
Regia: Michel Franco
Con Tim Roth, Charlotte Gainsbourg, Iazua Larios)

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