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Stupore e vecchiaia. Ci riguardano? Forse. Di Andreina Corso

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Quel che è certo sono le esistenze delle persone che premono sulla nostra intelligenza e sulla nostra vita. Davvero cosa c’è dietro il volto di una persona anziana, oltre quel che noi riusciamo a leggere e interpretare? Dove va la vita, qual è l’altrove che ci attendiamo?

A ritroso, ritroviamo una storia dignitosa, un tempo di lavoro intenso, fatto di impegno, sacrifici per la famiglia, per noi che siamo stati e siamo la “loro” famiglia. Anche se viviamo distanti, anche se i nostri problemi sono tali e tanti che ci sentiamo più sicuri, più tranquilli, se “loro” vivono in una casa di riposo.

Intendiamoci: oggi gli ospizi non esistono più, sono stati sostituiti dalle “residenze”, da luoghi che si appellano a nomi sacri o ai colori del mare e del cielo. O ad altre parole che ricordano la quiete, il riposo. Il loro e nostro riposo.
Ci lavorano operatori attenti, competenti, infermieri e medici motivati all’incontro con l’età della vita che attende, che resiste, che non molla, che sa di esserci. Nonostante tutto.

E noi, noi ad assistere a questo passaggio inventando nuove e convincenti motivazioni e sentendoci talvolta disorientati davanti a questa sfida. Ci si interroga abbastanza sui luoghi dell’accoglienza?
Ci assolvono le mani quiete appoggiate sul ventre, il silenzio, il non sentirsi rivolgere domande e desideri. Nulla ci inquieta, basta un luogo caldo, assistito, un termometro sul comodino, un’infermiera gentile e disponibile. Ed ecco la magia di una vita assistita.

E noi cosa pensiamo? E “loro” cosa pensano di noi? I pensieri si affollano, la nostra città insegue i suoi colori e le sue ragioni. Non insiste troppo, sa che l’ascolto è difficile e controverso. Talvolta si fraintende. Capita.

La nebbia assomiglia volentieri ai colori della vecchiaia, si vede e non si vede, quando lei c’è. Da una residenza veneziana che ospita i vecchi (sì chiamiamoli così, loro preferiscono), la nebbia scombina le emozioni e i desideri. Però è più gradita del sole, che tutto illumina ed esibisce, lasciando immutato ciò che vede. Nonostante tutto.

Conforta sapere che la maggior parte degli anziani oggi vive in casa propria, spesso assistiti dalla famiglia o da persone che si occupano di loro (sì uomini o donne preposti, chiamati orribilmente badanti). Sì anche le parole hanno il loro peso. Ora che si è prolungato il tempo di vita ci si interroga sulla qualità di “quel” tempo. L’autosufficienza aiuta, finché c’è, ma i problemi di salute che via via si presentano con l’aumentare degli anni, orientano ancora la vita anziana nei luoghi dell’invisibile, città dentro le città, spesso stranieri nella nostra mente.

Per l’anziano non più autosufficiente il tempo di vita sembra essere scaduto. I ritmi cadenzati dai bisogni fondamentali sembrano annientare il senso del vivere, anche se poco sappiamo, in fondo di ciò che la mente registra, sente, assapora, produce, accetta e respinge. Forse non è vero che tutto è perduto e alcune esperienze ci dicono che facciamo bene ad interrogarci, anche criticamente sulle loro e nostre aspettative.

Facciamo un gioco, o meglio, vi racconto una storia che nasce dalla condivisione della parola. Poco importa se chi ascolta sembra averla perduta. Sappiamo che la Parola c’è e che chiede nutrimento e ascolto.

>>segue>>

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3 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. E’ molto bello, Andreina, il tuo testo.
    Bello perchè nasce da un vissuto elaborato con delicatezza e sensibilità, perchè parla di loro, dei vecchi (come tu dici, loro, preferiscono, essere chiamati), ma parla anche di noi, nomina, insomma, una relazione, un dialogo.
    E perchè ci interroga, interroga le nostre vite, il nostro rapporto con il tempo, non solo con quel tempo che se ne va con il passare degli anni, ma anche con quel tempo quotidiano per noi così compresso, per loro così dilatato.

  2. Cara Andreina,il tuo articolo mi commuove come mi commuovono i tuoi racconti.Sappi che sono sempre a tua disposizione per concretizzare la tua grande voglia di fare del bene a chi ormai vive nella nebbia solo perché è un anziano .
    Ti abbraccio Enrico

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