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Vajont, ancora dopo 50 anni lacrime e rabbia

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Vajont lacrime e rabbia

Erano le 22.39 del 9 ottobre del 1963 quando 260 milioni di metri cubi di montagna si staccarono dal monte Toc, precipitando nel lago formato dalla diga del Vajont e una massa di d’acqua alta 200 metri si riversò sui paesi di Longarone, di Erto e di Casso.

1910 furono i morti (oltre 400 bambini) di quella che tutti conoscono come la tragedia del Vajont. Una pagina nera della storia dell’Italia che ancora fa piangere e discutere. Oggi, 9 ottobre 2013, ricorre il 50simo anniversario di quel disastro per il quale ancora si piange per i morti, per i loro parenti, per i sopravvissuti.

La storia del Vajont è quella di una tragedia annunciata. Quella diga era stata voluta dal conte Volpi di Misurata, fondatore e presidente della Società Adriatica per l’Energia Elettrica, la SADE, uno dei monopoli elettrici più potenti dell’epoca. Nonostante le proteste e i forti dubbi degli organi preposti al controllo del progetto, i lavori per la costruzione della diga iniziarono nel 1956, senza l’effettiva autorizzazione ministeriale.

Tra i protagonisti di questa vicenda Tina Merlin, giornalista dell’Unità, che cominciò alcuni anni prima della frana a scrivere dei rischi a cui la popolazione andava incontro se la diga fosse stata completata e l’invaso fosse stato riempito d’acqua. Lorenzo Rizzato che nel 1961 lavorava come disegnatore tecnico presso l’Istituto d’idraulica di Padova dove fu costruito un modello che riproduceva esattamente la diga e la montagna, per simulare l’effetto di una frana. E poi le tante storie di chi è morto, di chi è riuscito a raccontare ciò che ha visto negli anni, fino ad oggi.

Oggi a Longarone e nei paesi vicini saranno numerose le celebrazioni per ricordare quel 9 ottobre di 50 anni fa. Il processo per trovare i responsabili di quel disastro iniziò nel 1968 e si concluse in Primo Grado l’anno successivo con una condanna a 21 anni di reclusione per tutti gli imputati coinvolti, per disastro colposo ed omicidio plurimo aggravato; nell’elenco degli imputati spuntano: il direttore del servizio costruzioni della SADE, il direttore dell’Ufficio Lavori del cantiere del Vajont, l’ingegnere capo del Genio Civile di Belluno, il direttore generale ENEL-SADE, il direttore dell’Istituto di Idraulica della facoltà di Ingegneria dell’Università di Padova, in qualità di esperto idraulico e di consulente della SADE, i componenti della Commissione di collaudo della diga del Vajont, già appartenenti al Consiglio Superiore del Ministero dei Lavori Pubblici. In appello la pena verrà ridotta ed alcuni verranno assolti per insufficienza di prove.

Oggi quella diga è ancora là. Ci è passato il Giro d’Italia, ci hanno fatto un film, è meta di pellegrinaggio di migliaia di persone che vogliono vedere, sapere, capire. E anche dopo 50 anni, quella tragedia è e rimane un motivo di polemica sulle responsabilità di chi l’ha provocata e non l’ha evitata quando avrebbe potuto farlo.

Redazione

[09/10/2013]

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