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“Las Vegas non è la città del peccato (sin city) per via del sesso e del gioco, ma per i danni ambientali che provoca”.
Così pensavo sarebbe stato l’attacco del mio articolo mentre, attraversando il deserto, mi dirigevo a Las Vegas. Eppure, una volta immerso nella famosa “Strip” (la via principale), pur con tutti i miei pregiudizi di ambientalista, non sono riuscito a provare un sentimento aggressivo nemmeno per la perversione delle sue fontane. Persino visitando la famosa Venezia ricostruita e trasformata in Shopping Mall sono passato dall’indignazione al sorriso.
Della Venezia di Las Vegas si può benevolmente sorridere per l’intelligente e moderata autoironia che i suoi disegnatori hanno dimostrato nel ricostruire questo strano ambiente. Attraversato Rialto, che ancora si affaccia sulla “Strip” afosa e bollente, si “entra” sotto un cielo azzuro in un’atmosfera primaverile tra gondole, canali e palazzi. A stento ci si rende conto di trovarsi in un ambiente chiuso tanto è precisa la riproduzione del cielo ed equilbrato il condizionamento. Una gondola trasporta gli stessi turisti che si incontrano a Venezia. Ma vi rema una donna cinese cantando con voce da soprano arie napoletane e della Bohème! Sulla riva un ristorante Messicano serve Burritos e Margaritas. Sembra tutto sbagliato (ma a Venezia-vera non ci sono McDonald’s e Irish Pub?) dalla scala degli edifici alla disposizione dei siti. Ma ad un’osservazione più attenta ci si rende conto come le somiglianze con la vera Venezia turistica siano molte più di quanto sembri. Ma più di tutto colpisce la gente che scorre tra le calli originali e quelle ricostruite: stessi atteggiamenti, stesso vestire, medesimo disinteresse per la realtà , identica infatuazione per i simboli. Che differenza fa se il giro in gondola è nella Venezia vera o in quella riprodotta?
Las Vegas fa tenerezza per la sua molle e godereccia modestia senza pretese di verità assolute. Allo stesso tempo, suscitano un moto di rabbia le nostre città d’arte ridotte a copiare questa pazza città – a “Imparare da Las Vegas”, come diceva Venturi – per poter vendere se stesse. Cosa c’è di autentico, al di là delle antiche pietre, in Rialto o San Marco popolati da distratti viandanti? A Las Vegas ci si gode una vita spensierata in attesa di una nuova inevitabile Sodoma e Gomorra comminata per i peccati ambientali. Ma le nostre città sono diverse? Siamo davvero più “autentitici” e pronti a scambiare un po’ di benessere con una maggiore tutela della natura? Tra la presuntuosa Venezia che si dichiara falsamente vera (almeno in molte sue parti e per lunghi periodi dell’anno) e quella autenticamente falsa del Nevada, quasi preferisco la seconda! Corrado Poli
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