Il tappo a vite, sistema di chiusura che fino a ieri faceva tanto storcere il naso ai cultori del sughero, potrebbe essere la novità più gustosa e curiosa di questa edizione del Vinitaly.
«Il consumatore – sottolinea Daniela Scrobogna, autorevole voce di Bibenda-Fondazione Italiana Sommelier – non avrà più il problema del sentore di tappo che si rischia col sughero. E il tappo di tipo Stelvin si sta dimostrando capace di sostenere un invecchiamento di tre-cinque anni. La guaina interna consente la microssigenazione, e quindi l’affinamento in bottiglia. Certo – ammette la storica sommelier – non lo userei per un Brunello, ma fa piacere vedere che il mondo produttivo italiano si sia adeguato ai mercati internazionali. Nel Nuovo Mondo i viticoltori di Australia e Nuova Zelanda lo usano da tempo. Da noi hanno aderito all’idea anche i grandi classici, da Angelo Gaja a Riccardo Cotarella che lo usa persino per il Falesco, che è il vino più premiato del Lazio».
«Questo Vinitaly dimostra che anche in Italia è stata superata la diffidenza, queste chiusure non sono più percepite come identificative di vini da supermercato – conclude Scrobogna – e sono tante le bottiglie che associano eleganza nel packaging al tappo a vite. Per i vini di media durata è una soluzione più economica, pratica nell’uso, ma anche più ecologica rispetto ai tappi da conglomerati o in silicone».
Ed è cosi che il tappo a vite sta vincendo le forti resistenze che avevano invece frenato, anni fa, la proposta simile per il tappo corona.
Redazione
[08/04/2014]
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