Il governatore, il magistrato contabile, l’europarlamentare, il generale della Guardia di Finanza. E poi a scendere, tutto il resto del peggio della politica e non solo: l’assessore, il consigliere regionale ai vari centri di potere economico, l’imprenditoriale e finanziario del Veneto e via così.
Un vero e proprio sistema che avrebbe pescato nel fiume di denaro arrivato in laguna con la più grande opera pubblica italiana, il Mose, l’enorme struttura di dighe mobili che dovrebbe proteggere Venezia dalle acque alte (costo 5,5 miliardi di euro).
Il Gip di Venezia, Alberto Scaramuzza, a conclusione di un enorme lavoro accusa 35 persone (25 in carcere e 10 ai domiciliari).
I pm: Stefano Ancilotto, Paola Tonini e Stefano Buccini in due anni hanno seguito un percorso di triangolazioni che spostava il denaro a destra e a manca per finire in due conti cifrati, uno in Svizzera e uno in San Marino.
Corruzione e fatture false in vorticose, cioè, fondi neri per 25 milioni di euro. Per poi soffermarsi anche su un capitolo più locale, il finanziamento illecito che vede coinvolti altri tre politici, fra i quali spicca il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, finito ai domiciliari, al quale vengono contestati 560 mila euro che avrebbe ricevuto dal Consorzio Venezia nuova in varie tranche, 110 mila versati al comitato elettorale del 2010 e 450 mila ricevuti in contanti.
Redazione
[05/06/2014]
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