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Stefano di Marino e il suo Mosaico a tessere di sangue

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stefano di marino mosaico a tessere di sangue

Se Dieci piccoli indiani di Agatha Christie ci aveva fatto rimanere incollati alle pagine, Stefano Di Marino con il suo Mosaico a tessere di sangue, edito da Cordero Editore, compie su di noi lo stesso procedimento, con un libro dal ritmo serrato, che ti inchioda alle pagine fino all’ultima sanguinosa riga.

Fine estate, litorale pontino. Un poliziotto, ferito nel corpo e nello spirito, una serial killer in fuga, una ‘strana coppia femminile’, un attempato playboy, una famiglia felice. Tutti in un albergo, l’unico ancora aperto in un panorama incantato e inquietante. Poi, improvvisa, esplode una violenza folle, devastante, dalla quale non si può fuggire. Ma non è un caso se sono tutti lì e, come in un mosaico, prende forma un piano di vendetta lucido e tagliente come una lama di rasoio. E il poliziotto è costretto a usare il cervello, la sola arma che ha, per risolvere il mistero e salvare la pelle.

Mosaico a tessere di sangue è prima di tutto un romanzo maturo, scorrevole, accessibile a tutti, scritto in maniera equilibrata con il ritmo che aumenta mano a mano che ci avviciniamo alle scene più importanti.

Ma se nel cinema quanto nella letteratura di genere giallo, è sempre più difficile trovare un qualcosa che ti sorprenda nella scoperta dell’assassino, Di Marino riesce a riportarci agli albori del genere, quando ancora tutto era una sorpresa e le ultime pagine diventano la risoluzione di un’ attesa lunga, in cui l’autore ci ha sviato più volte per poi sorprenderci e soddisfarci come solo Agatha Christie e il primo Giorgio Faletti riuscirono a fare.

Solo ad una seconda lettura si nota l’attenzione dell’autore nel disseminare l’opera di piccoli indizi che ti possono far intuire chi sia l’assassino anche se, senza il finale, le motivazioni dietro al suo comportamento sono impossibili, fortunatamente, da dedurre.

Non c’è splatter, anche se il sangue non manca, ma il tutto è raccontato con una tale eleganza, che anche le morti finiscono per attrarre il lettore e divenire parte di un quadro, che per quanto possa prendere le tinte di una sorta di pittura nera alla Goya, non perde mai la sua brillantezza e il suo fascino elegante nella stesura della prosa.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con l’autore del libro, Stefano Di Marino, ecco cosa ha risposto alle nostre domande.

Quali sono state le sue influenze nella stesura di questo romanzo?
Fondamentalmente la mia passione per il cosiddetto ‘Italian Giallo’ che è poi una corrente cinematografica molto prolifica in Italia tra gli anni 60 e gli 80 della quale ricordo Dario Argento ma non solo (Umberto lenzi, Sergio Martino, Aldo Lado per citare alcuni dei miei modelli).Sono convinto che i giallisti della mia generazione siano stati più influenzati dal cinema che dalla narrativa, almeno italiana. di gialli in Italia se ne è sempre scritti ma nel mondo il Giallo italiano è quello che veniva con una storpiatura definito ‘Thrilling’. il mio è un omaggio a quel genere.

Come succede la prima volta che si legge Dieci piccoli indiani di Agatha Christie, anche con il suo romanzo si rimane sorpresi alla fine scoprendo chi c’è dietro a tutta la serie di omicidi, cosa rara nella letteratura del giallo moderno, dove, troppo spesso si è capito già a metà chi è l’assassino. (Confesso di aver strabuzzato gli occhi, nelle ultime pagine). Com’è stato il processo che l’ha portata a scrivere una trama ad incastro così ben concepita?
Be’ sinceramente credo la grande passione per il genere e i suoi meccanismi. a parte il discorso sull’italian giallo di cui dicevamo, ho dedicato la mia carriera allo studio della narrativa popolare in particolare al thriller e alla spy story. mi sono fatto le ossa nel filone specifico già con un Giallo Mondadori(il palazzo dalle cinque porte, uscito a febbraio) ma soprattutto con diversi anni di esperienza con Confidenze, rivista per la quale da vari anni scrivo gialli a puntate.

Franco è uno dei personaggi più interessanti letti ultimamente nei libri di genere. C’è qualche possibilità di ritrovarlo in qualche libro futuro?
L’idea era di scrivere una vicenda unica, però non posso escluderlo. in effetti tutta la mia narrativa(quella gialla e quella spionistica) fa parte di un unico mondo immaginario nel quale le persone speso si ritrovano.

C’è una cura nel tratteggio psicologico in particolar modo di Moira che ci arriva in maniera sia diretta che subconscia. Ha fatto delle ricerche in proposito?
Direi che c’è sempre una ricerca ma soprattutto molta esperienza nel settore e, diciamolo, anche nell’osservazione delle persone. in mosaico, ovviamente trasfigurate, ci sono moltissime persone vere, come vera è l’ambientazione, un albergo presso cui sono ospite da anni alla manifestazione Giallo Latino.

Quali sono state le caratteristiche che le hanno fatto scegliere il Lido di Latina come location per la sua storia?
Come dicevo si tratta di una località che frequento da anni. Mi piaceva questo albergo che è l’ultimo del lido di Latina prima dell’inizio del parco del Circeo, tra mare e pineta, vicino al lago di Fogliano. a fine stagione è un luogo magnifico ma anche un po’ inquietante e, se si scatena una bufera, finisce sempre per restare isolato.

Sara Prian

[12/06/2014]

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