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SPARATORIA MARGHERA | Catturatoil kosovaro che ha sparato e ucciso per vendetta

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NOTIZIE VENEZIA | Uno l’hanno preso. Si chiama D.S., ha 31 anni, kosovaro ed è l’uomo che ha sparato e ucciso e che voleva vendicarsi di una aggressione subita l’8 gennaio del 2012 davanti ad un bar di piazza Barche per motivi di gelosia. Il fratello, R.S., 26 anni, è fuggito nei boschi dietro alla sua casa di Resinovc in Kosovo dove si era rifugiato dopo l’agguato del 10 marzo ed è ricercato. E’ stato risolto dopo due mesi esatti l’omicidio di piazza Mercato a Marghera avvenuto alle otto di sera davanti a numerosi testimoni.
Si è trattato di un regolamento di conto rimasti in sospeso da oltre un anno, una vendetta che Driton Sinani, aveva covato per mesi dopo essere stato vittima di un pestaggio perchè accusato di aver “rubato” la ragazza ad un macedone, quell’Elmas Giuner sopravvissuto all’agguato di Marghera e ritenuto da Driton il mandante del pestaggio di un anno prima. Gelosia, insomma, questo il movente che ha spinto ad organizzare la spedizione punitiva dei due kosovari sfociata nell’omicidio della persona sbagliata, Isak Ajdin, il muratore che nulla c’entrava ma che è rimasto colpito da un proiettile fatale che gli ha perforato lo stomaco uccidendolo.
Le indagini della squadra Mobile della Questura di Venezia si erano messe subito sulla pista giusta dopo quel tragico 10 marzo. Riprese delle telecamere, primi indizi. E poi quella riunione tra macedoni che si era tenuta a San Giuliano la mattina stessa. Dalle informazioni su chi erano Isak e Elmas e perché avrebbero dovuto essere punti in quel modo gli agenti hanno iniziato a tessere la loro indagine.
Un modo di procedere da “sbirri” vecchia maniera l’ha definita il questore Vincenzo Roca. «Avevamo un unico obiettivo, quello di prenderli. Al di là  delle riflessioni sociologiche e dell’allarme criminalità , ingiustificato, che era scattato per Marghera. Questo è un omicidio che non nasconde motivi legati a regolamenti di conti tra bande rivali per la gestione di droga o prostituzione. E’ solo un atto di vendetta di un uomo che pensa di aver subito un torto. E l’abilità  dei miei uomini è stata premiata dal risultato».
L’episodio del pestaggio di piazza Barche è stato determinante per ricostruire chi erano i due fratelli Sinani. Senza precedenti, lavoravano come piastrellisti, in maniera regolare. Però uno dei due non aveva rinnovato il permesso di soggiorno, quasi per voler diventare invisibile. Un modo di fare studiato per consumare la vendetta che poi è arrivata il 10 marzo. Nelle riprese delle telecamere si vedono i due avvicinarsi al bar “Ae do Porte” gestito dai cinesi dove erano seduti un gruppo di 8 macedoni, tra cui il loro obiettivo, Elmas Giuner. L'assassino è armato di pistola, il fratello Riza di coltello. Ed è proprio quest’ultimo ad agire per primo: doveva prima vendicare l’aggressione al fratello e poi lui doveva finirlo sparandogli. Ma non tutto è andato per il verso giusto e malgrado gli 11 colpi calibro 9×21 sparati e le coltellate ricevute Elmas è sopravvissuto, il povero Isak morto.
I due fratelli kosovari sono fuggiti subito dopo l’agguato a bordo di un furgone di propietà  del loro datore di lavoro ed hanno raggiunto il confine prima della mezzanotte sbarazzandosi delle armi. Poi si sono diretti verso casa, a Resinovc, a soli 100km da Pristina. E là  sono rimasti nascosti per due mesi assieme ad altri sei fratelli. Fino a giovedì sera quando gli agenti dell’Interpol grazie ad un mandato di cattura europeo sono riusciti a fermare Driton ma non il fratello. Ora verrà  richiesta l’estradizione e poi verrà  processato in Italia per omicidio volontario aggravato e tentato omicidio.

Raffaele Rosa
[redazione@lavocedivenezia.it]
Riproduzione Vietata
[10/05/2013]

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