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Scuola da riformare o scuola da licenziare?

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Con la reintroduzione del voto in condotta, la Gelmini ha determinato due importanti risultati. Ha stroncato la carriera ai somari promossi grazie al sei politico di sinistra memoria, e soprattutto messo a nudo la rettitudine o la maleducazione degli studenti.
Tuttavia, resta ancora tutta da verificare se la riforma Gelmini sia bastata per innalzare l’eccellenza della scuola italiana.

Come risaputo (anche se è politicamente scorretto rilevarlo), tutto ciò che è pubblico, “difetta” di deficienze organiche, strutturali e individuali.
Nella fattispecie della scuola pubblica, non è irriverenza asserire che il tasso di ignoranza e impreparazione degli studenti sia senza ombra di dubbio imputabile alle “protezioni” e ai privilegi di cui godono i docenti italiani.

Ma se la scuola pubblica italiana sforna emeriti ciuchi, perché la Gelmini invece di ostinarsi a riformare l’irriformabile e cedere ai ricatti della casta degli insegnanti, non prende ad esempio quanto è accaduto nei giorni scorsi in America?

Come riportato dai media mondiali, in un liceo del Rhode Island il provveditorato ha licenziato in tronco tutto il personale, 74 insegnanti compresi. La decisione ha riguardato anche il preside, e i 18 membri del personale scolastico.

 

Il provveditorato ha precisato che la decisione è stata presa perché il sindacato degli insegnanti non aveva accettato una serie di riforme che includevano un allungamento dell’orario delle lezioni.
Da Washington è arrivato il plauso dell’amministrazione Obama: “Una scelta coraggiosa, per il bene dei ragazzi”, ha detto il ministro dell’istruzione Armne Duncan.

E chi l’avrebbe detto che il democratico Obama fosse un fan del ministro Brunetta a cui la Gelmini dovrebbe chiedere più spesso consigli sul come mandare a casa gli insegnanti fannulloni che hanno scambiato l’istruzione per un ammortizzatore sociale di imboscati e incompetenti?
 
Gianni Toffali - Verona

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