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Scontro con Renzi sulla legge elettorale, e Cuperlo lascia. Dimissioni irrevocabili

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gianni cuperlo minoranza Pd

Gianni Cuperlo lascia, ha deciso, nonostante in molti abbiano provato a dissuaderlo. Le sue dimissioni si devono intendere irrevocabili.

Sono giorni tempestosi al Pd, il rapporto con Matteo Renzi, se mai c’è stato, è bruscamente cessato lasciando una minoranza in disaccordo e contestatrice. Quello stesso rapporto che ha portato, nella giornata di ieri, uno scambio di lettere tra i due e poi in serata la movimentata assemblea del gruppo alla Camera.

Una grana, quella delle dimissioni, per Renzi, per lo scambio di accuse tra i due che la accompagna, perchè rappresenta un segnale di divisione tra maggiornaza e minoranza che non ha ancora trovato un’identità dopo la sconfitta alle primarie.

Cuperlo, spiega nella lettera, si dimette perché «colpito e allarmato da una concezione del partito e del confronto al suo interno che non può piegare verso l’omologazione, di linguaggio e di pensiero». E perché «voglio avere la libertà di dire sempre quello che penso, senza che appaia come un abuso della carica». Ma naturalmente non ha apprezzato certi toni di Renzi, giudicati «irridenti».

Renzi risponde direttamente. Con toni non duri, ma senza deflettere e invitando ad «accettare le critiche». Parla del Pd come di una comunità «ampia dove ci si può sentire offesi perché uno ti dice che sei livoroso. E dove si può rimanere con un sorriso anche se ti danno del fascistoide». Allusione a un articolo scritto da Michele Prospero sull’Unità durante le primarie.

Cuperlo : «Mi sono dimesso — dice, escludendo categoricamente la scissione — per un atto d’affetto al mio partito». Definisce «chiusa la polemica», ma resta sulle sue posizioni. E, sul merito, non considera affatto chiuso il discorso: «Renzi ha presentato l’accordo come un pacchetto chiuso. Nessuno vuole sabotare niente, ma il Parlamento serve a fare le leggi. E ci sono molte cose che non vanno: la soglia del premio troppo bassa, 35%; la soglia di sbarramento troppo alta, 8%, e il fatto che i cittadini non possono scegliersi i rappresentanti».

Renzi prosegue, nella sua visione di legge elettorale: «Si poteva fare meglio? Sì, certo. Ma fino ad ora non si era fatto neanche questo. E rimettere in discussione i punti dell’accordo senza il consenso degli altri rischia di far precipitare tutto. Sono certo che questo non sia il tuo obiettivo e che — pur con funzioni diverse — ripartiremo insieme». In serata, a Porta a Porta , respinge le critiche: «Problemi di democrazia interna? Mi scappa da ridere». Insomma, nessuna concessione, se non l’offerta alla minoranza della presidenza dell’assemblea (si fa il nome del giovane turco Andrea Orlando).

Paolo Pradolin

[22/01/2014]

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