MONTEBELLUNA | Matteo Rossi, 37 anni, rappresentante di materassi, martedì ha sparato a Denise Morello, 23 anni, freddandola appena salita in auto per poi suicidarsi dopo l’assassinio. Molti gli interrogativi del giorno dopo, ma uno non serve, una cosa è acclarata: l'assassinio di Denise è premeditato.
Il piano potrebbe essere scattato nella mente di Matteo già a metà febbraio, quando ha dovuto registrare la delusione per cui neanche la pagina a pagamento comprata su un giornale per tentare di far breccia nel cuore dell’ex fidanzata aveva funzionato. Da quel momento potrebbe essere scattata nella sua mente la molla per cominciare a costruire il suo piano, realizzato sfruttando le pieghe della legge e qualche amicizia.
Un interrogativo, in particolare, martella la testa di chi conosceva Matteo o Denise: chi ha dato una pistola a Matteo Rossi? Possibile che le 'difficoltà ' non siano emerse?
Denise aveva chiesto aiuto. In gennaio Denise Morello andò dai carabinieri di Montebelluna con i genitori per raccontare quello che era diventato il suo incubo: sms, appostamenti, telefonate insistenti. Nessuna minaccia però: per questo Denise si limitò a una segnalazione, senza fare quella denuncia che avrebbe cambiato tutto. I carabinieri possono solo convocare l’uomo e redarguirlo.
Passano pochi giorni e Rossi si presenta al Commissariato di polizia di Jesolo accompagnato da un conoscente. Chiede il rilascio di una licenza per «detenzione di arma da tiro a uso sportivo», presenta documenti e pratiche. Perchè Jesolo e non Treviso? «Perché lavoro spesso in zona e mi sono trovato a passare di qua» dice agli agenti del commissariato. Quanto accaduto a Montebelluna non è verbalizzato come una denuncia e il permesso della questura di Venezia per la pistola arriva il 22 marzo.
Altri messaggi di Matteo arrivano al cellulare di Denise, lei forse li ignora, forse lo respinge ancora, di certo non sa che ha in mano una pistola.
Poi la tragedia. I carabinieri trovano a casa di Matteo una lettera in cui chiede scusa, si rivolge alla famiglia e anche a Denise dicendo «di averle dato tutto» e che «la vita non aveva senso» senza di lei. Una lettera scritta avendo già un'arma carica, una pistola che non avrebbe dovuto avere.
paolo pradolin
[redazione@lavocedivenezia.it]
Riproduzione Vietata
[18/04/2013]