Tullio e Pina Manavella, 85 e 78 anni, e la zia Patrizia, 56 anni, sono stati trovati morti a Santhià (Vercelli). I cadaveri mostrano ferite da arma da taglio e la testa sfondata da qualcosa che nella ricostruzione dei carabinieri è per ora un indefinito «corpo contundente».
Il figlio dell’anziana coppia, Gianluca Manavella, allenatore professionista della squadra di pallavolo del Santhià, si trova improvvisamente senza i genitori e apprende dai carabinieri che all’appello mancava anche il figlio Lorenzo, introvabile. Ha pregato tutto il giorno che il suo ragazzo non c’entrasse nulla con quella mattanza: «Io non riesco a crederci, non voglio pensare quello che pensano tutti. Lui non può essere stato, magari l’hanno coinvolto…».
Alle otto di sera la fuga di Lorenzo finisce al binario 14 della stazione di Venezia Santa Lucia. Lo cercavano dalla mattina, da quanto i carabinieri avevano diffuso la sua fotografia.
Nell’ufficio della Polizia Ferroviaria, Lorenzo con i vestiti sporchi di sangue ha detto agli agenti: «Sono io il ragazzo di Vercelli che ha ucciso tre persone con un coltello. Non so perché l’ho fatto, è stato un colpo di testa». E ha aggiunto, senza spiegare: «Ho preferito costituirmi qui e non a Vercelli».
Redazione
[17/05/2014]
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