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Lo Zecchino d’Oro, dove i bambini sono bambini e non divi del palcoscenico

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Lo Zecchino d’oro, l’unica, forse, “superstite” rassegna musicale per l’infanzia, ora patrimonio culturale italiano delle generazioni nate e cresciute a partire dagli anni ’60, che, ancora oggi, stimola l’impegno di preparati compositori a scrivere “sane” canzoni destinate al mondo dei più piccoli.

Volti ingenui e sorridenti, sguardi innocenti, con qualche dentino storto o assente, che continuano a suscitare, nonostante il trascorrere inesorabile del tempo, una squisita tenerezza. Bambini veri, presentati nella loro dimensione candida ed autentica, che sanno ancora giocare con le bambole o con macchinine telecomandate, che guardano con incanto e con stupore disarmante le telecamere. Si esprimono genuinamente di fronte al conduttore che li intervista, utilizzando simpatiche frasi spezzate e sgrammaticate, che “osano” ricordare che sono ancora “figli dell’infanzia”.

Chi non rammenta, oltretutto, l’eccezionale Cino Tortorella nei panni, tra il 1959 ed il 1972, del mitico mago Zurlì, il mago buono, dotato di regolare bacchetta magica, con i capelli luccicanti, corpetto aderente in vita e calzamaglia, che ha fatto sognare tanti di noi, incollati al piccolo schermo? Come dimenticare la gentile professionalità di Mariele Ventre, che è riuscita a coniugare dolcezza, rigore e tenacia nel dirigere il brillante coro dell’Antoniano per oltre trent’anni fino al 1995, anno della sua morte, incarnando quegli ideali etici e pedagogici a fondamento delle attività musicali del coro stesso?

Una manifestazione, tuttavia, oggi quasi anacronistica, superata da tutti quegli spettacoli che portano alle luci della ribalta “giovanissimi” precocemente adultizzati, che si scontrano in gare ad alta tensione e ad eliminazione. Programmi forse inadatti all’età dei loro minori protagonisti, come talvolta ha sottolineato anche il MOIGE, acronimo che identifica il Movimento Italiano Genitori, impegnato nell’ambito sociale ed educativo per la salvaguardia e per la tutela dei diritti dei minori.

Ragazzini, alcuni dei quali in età prescolare, che, fino all’altro ieri bevevano ancora il latte dal biberon. Sicuramente, teneri bimbetti, carini e coccolosi, ma pur sempre giovanissimi. Padroni del palcoscenico e in un rapporto disinvolto con le telecamere, quasi da professionisti dall’esperienza consolidata; ostentano un’invidiabile sicurezza, “sfoggiano” un repertorio musicale straordinario ed invidiabile, imitando la voce, il modo di abbigliarsi e le movenze dei loro beniamini.

Penso ad un Michael Jackson in miniatura, con una riproposizione, peraltro, di quella sorta di “rito apotropaico” non proprio di rara eleganza. Non si può nemmeno scordare la bambina di 11 anni, che qualche anno prima aveva partecipato allo zecchino d’oro, e che ora duettando con Marcella Bella, si è cimentata in un pezzo non del tutto adatto ad una ragazzina così giovane, Nell’aria, caratterizzato dalla presenza di espliciti “contenuti per adulti”. C’è un passaggio dall’evidente ed imbarazzante allusione erotica come “La mia voglia è grande, è scandalosa ormai”… il che fa sorgere, quantomeno, qualche spontanea perplessità!

“Ma Che fretta c’è!” recitava, a proposito di canzoni, un testo di Biagio Antonacci. Let the Children be Children (lasciamo che i bambini siano bambini)!

Claudio Riccadonna
Ala

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