Un pomeriggio passato al chiuso del suo studio, con Alfano e i ministri Quagliariello e Lupi. Segue l’avvicendamento dettato dal suo partito, il film del suo licenziamento, senza battere ciglio.
Oggi Letta terrà il suo ultimo Consiglio dei ministri, poi salirà al Colle per dimettersi. Se ci sarà anche una forma di passaggio alle Camere, lo deciderà con il capo dello Stato. E poi?
Se c’è livore, rabbia, se resta lo sgomento, Letta non lo dà a vedere. Nell’arte della dissimulazione è stato sempre maestro. Si contano sulle dita di una mano le volte che i suoi collaboratori lo hanno visto alterato. Addirittura Letta dice qualcosa che può sembrare incredibile visto il modo in cui il suo partito lo liquida con una direzione quasi bulgara, adottando persino il suo programma: Letta è preoccupato per quello che toccherà a Renzi, ma è consapevole che dovrà aiutarlo.
«Gli lasciamo un sacco di soldi», provano a contestargli i suoi collaboratori. Ma nemmeno l’idea di aver seminato per conto di Renzi, che magari raccoglierà frutti non suoi, provoca reazioni eccessive. «I soldi ci sono se si lavora bene con Bruxelles», risponde Letta, lasciando intendere che ora toccherà a Renzi far vedere cosa sa fare, oltre le parole, gli slogan, le direzioni del Pd.
Di sicuro Letta non lascerà il Pd, e nemmeno il posto di parlamentare. Nel pomeriggio circolano indiscrezioni, lui le fa smentire tutte. Si andrà a sedere sui banchi del partito che lo ha rinnegato.
Oggi presiederà una riunione del governo, l’ultima, che si occuperà anche del caso dei marò. Poi si confronterà con Napolitano, al quale rassegnerà le dimissioni.
Redazione
[14/02/2014]
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