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L'avventura del vetro a Venezia, Museo Correr

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Nelle asettiche, eburnee sale del Museo Correr a Venezia è possibile visitare una Mostra che riporta alla luce, dopo quasi trent'anni di assenza, la misteriosa bellezza del vetro evidenziando oltre un millennio di attività  delle antiche e moderne fornaci che, prima in Città , successivamente nell'Isola di Murano, hanno dato vita nel corso dei secoli ai meravigliosi prodotti di un'arte che scorre sul crinale tra attività  artigianale ed artistiche apparizioni incorporee, suggestioni impalpabili che immagano lo spettatore, mettendo in forse la “liceità ” della materia. Poichè se rimane un fatto incontestabile che tutto nasca da una matrice di amorfa composizione di elementi quali la sabbia silicea, la soda, vari minerali e, più tardi, prodotti chimici e altre componenti è altrettanto realistico che, dopo la depurazione del fuoco quale elemento purificatore tutto assolvente e trasformante, ciò che la fornace restituisce nulla ha più di materico.

Ciò che l'uomo/artista utilizza per “inventare” le opere d'arte che si presentano alla nostra vista è una sostanza sfuggente, la quale vive di vita propria e che solo le abili mani dei “maestri vetrai” sanno domare e plasmare fino a farla diventare “oggetto”, di preminente uso domestico nei primi tempi, successivamente “cosa mirabile e fascinosa” destinata a stupire per la foggia pur mantenendo la sua radice di strumento valido ancorchè, spesso, di difficile collocazione nel quotidiano, entrando con ciò, di diritto, nell'empireo dell'Arte.

E' quanto suggerisce questa Mostra nella prima sezione dove si possono ammirare alcuni reperti archeologici ( del Fondo Manca della Collezione Correr ) che si fanno apprezzare per le delicatezze strutturali, nate sotto l'influsso culturale di antiche civiltà  mediterranee, riportandoci ad usi e costumi di quelle popolazioni.

Ancora in questa prima sezione appaiono inediti vetri antichi in parte di produzione locale ( Collezione Correr ) alcuni dei quali recuperati dai fondali della nostra laguna e dei nostri canali, capaci di evocare quel particolare connubio sempre esistito tra Venezia e il vetro che, per secoli, fu ambasciatore della sensibilità  artistica della Serenissima dal momento in cui l'abilità  dei suoi Maestri seppe forgiare capolavori i quali, ancor oggi, meravigliano per la propria bellezza.

Una simbiosi questa che non deve sorprendere consideranto come la Città  stessa sia figlia delle sue proprie purezze cromatiche, dei suoi magici riflessi equorei, dando l'impressione di specchiarsi in tale incorporeità  fatta di luce e di impalpabilità  sospese, rapportandosi all'irrealtà  dorata dei mosaici marciani, per andare oltre verso il fascino della pittura lagunare, da Giorgione a Tiziano, fino al Tiepolo coniugandosi alla motilità  della luce e dell'aria spartendosi, come fratelli, il vetro e la pittura, quel senso di inquietudine che ci rapporta all'essenza di una cultura la quale ha permeato per secoli Venezia e le sue “creature” costruite sulla fantasia e l'emotività  di Artisti che fecero del “sogno” etico ed estetico la ragione della loro esistenza e per questo passati alla storia dell'umana conoscenza.

L'Arte del vetro non nasce a Venezia, logicamente essendo Essa figlia di situazioni storiche post romane e bizantine, ma seppe far propria questa attività  per una comune appartenenza spirituale alla luce prigioniera della purissima, incorporea essenza, quanto alle distese equoree della Città  anadiomene che nelle stesse si è sempre specchiata quasi alla ricerca di una sostanza, tanto “intangibile” quanto “provvisoria”, capace però di donarle visibilità  oltre il pensiero.

Infatti le prime notizie sulla produzione di vetri in laguna si hanno nell'anno 982 redatte in un atto di donazione ai benedettini della Chiesa di San Giorgio Maggiore, nel quale appare l'esistenza di un “fiolero” di nome Domenico.
Questo antico manoscritto sancisce l'atto di nascita dell'attività  vetraria a Venezia. E' facile, tuttavia, poter supporre che se al tempo tale attività  fosse già  conosciuta, potesse perciò esistere da epoche precedenti, stante anche la scoperta in numerosi siti archeologici lagunari ( Torcello in particolare e in Venezia stessa ) di tracce di fornaci molto antiche con presenza di lacerti vetrosi, logica conseguenza dell'avvento in laguna di artigiani romani provenienti dalle Città  della gronda messi in fuga dalle orde barbariche, come ci narra la storia.

Come spesso succede, anche nella nostra storia gli allievi superarono gli antichi maestri divenendo a loro volta abilissimi nell'Arte si da poter supportare l'economia della Serenissima, particolarmente dopo la concentrazione delle fornaci nell'Isola di Murano, avvenuta per precisa volontà  del Maggior Consiglio nel 1291 onde evitare il pericolo di incendi nel centro storico.

Da quel momento Murano divenne, resistendo fino ai nostri giorni, la capitale mondiale della produzione artistica del vetro, creando modelli di tale bellezza capaci perfino di influenzare le aggettivazioni di alcuni prodotti ( p.e. specchi e bicchieri alla Faà§on de Venise ), inventando nuovi sistemi di lavoro, nuovi strumenti, ancor oggi in uso, precise regole di lavoro e dei tempi di riposo ( nei mesi estivi la produzione veniva sospesa come avviene ancora nei tempi odierni e chi ha frequentato le fornaci muranesi ne conosce la ragione: operare davanti ad una bocca di fuoco che spara all'esterno migliaia di gradi centigradi è cosa quasi impossibile nella stagione più calda ) segnando con ciò una pagina nella storia del lavoro umano e del sociale.
I Maestri vetrai nella Venezia medievale venivano chiamati ” fiolari ” cioè fabbricanti di “fiole” ( bottiglie ) identificandosi con il particolare genere di produzione che andava per la maggiore all'epoca unitamente ai bicchieri ed ai ” rui ” ( i piccoli tondi che formano il corpo vitreo delle finestre dei Palazzi e della magioni più esclusive ) facenti tuttavia parte di una maggior produzione ricca di varietà  e di vitalità  immaginativa.

L'egemonia dell'arte veneziana nella produzione vetraria continuò fino al XVII° secolo quando, la già  in atto competizione dei paesi europei alimentata anche dall'emigrazione di Maestri muranesi attirati dai lauti guadagni, [ e con ciò sfidando le rigide regole della Serenissima che prevedevano multe e confische], cominciò ad essere intaccata prima nell'immagine, successivamente nella produzione, insomma il modello “Venezia” iniziò a non essere più così imitato e richiesto. Naturalmente, malgrado ciò, la deriva continuò ancora per tutto il XVIII° secolo con nuove “invenzioni” che videro la nascita di decorazioni, intagli e formattazioni che potevano essere ancora considerate degne della grande tradizione del passato.

Con la tragica caduta della SERENISSIMA, ad opera di invasori iconoclasti, Venezia perse tutto il proprio antico splendore e con esso il potere economico, ed anche le fornaci muranesi piombarono nel “buco nero” della miseria ed il vuoto si impadronì di quei spazi che avevano visto nascere “gioielli” che tutto il mondo ci invidiava.

La prima metà  del secolo XIX° trascorse con alterne vicende, si videro alcune innovazioni tecniche, tuttavia poste in atto in uno stato di lentezza operativa anche per le già  citate ragioni di concorrenza di altri produttori europei. Bisogna arrivare alla seconda metà  del secolo per cominciare a percepire una rinascita dell'arte vetraria a Murano, grazie alla costanza ed all'amore per la sua terra dell'Abate Vincenzo ZANETTI ( che nel 1861 fonda il primo nucleo del Museo del Vetro ) e di alcuni provvidi imprenditori, tra cui Antonio SALVIATI , che diedero nuovo impulso all'antica manualità  degli artisti muranesi con l'apporto di valenti Maestri eredi delle antiche famiglie.
A comprova di questa nuova era è bene ricordare come già  nel 1864 si aprisse a Murano La Prima Esposizione Vetraria che diede il senso di una riconquista del proprio antico primato.
L'Esposizione ottiene grande successo tanto che l'anno successivo si sposta a Vienna, dove il rinato vetro muranese riscuote unanime ammirazione. Nel 1867 all'Esposizione Universale di Parigi il successo si ripete.

Procedendo verso il XX° secolo la produzione si arricchisce avviandosi ad una nuova stagione di successi che vedrà , nel corso del '900, l'abbinamento alle antiche tecniche di nuove soluzioni, permesse dalla grande duttilità  della materia, che daranno vita alla stagione della modernità  formale e culturale ( la lavorazione a massello ) con l'apporto della fantasia e della capacità  manuale di valenti Artisti locali e non, per portarci fino alla grande collaborazione di prestigiose firme internazionali con la mitica Fucina Degli Angeli di Egidio Costantini che permise la nascita di capolavori unici nel loro genere, in grado di rinvigorire una certa qualità  manieristica seguita ai tempi d'oro della Serenissima ( malgrado il contributo valente di nomi quali i Venini, gli Zecchin, i Martinuzzi, i Barovier ecc. ).

Serviva, forse, una scossa, e tale fu la chiamata di Egidio Costantini a Geni quali Picasso, Braque, Chagall, Moore tra gli italiani Fontana, Carena, Saetti, Guttuso, Guidi, ma l'elenco potrebbe continuare a lungo con nomi di grande prestigio nell'ambito mondiale.

A ricordo di quella felice parentesi nell'ultima sala del Museo Correr possiamo ammirare alcuni capolavori eseguiti su modelli di Chagall : Anfora e Cavallo e del grande Picasso: Fauno e Capretta che possono rappresentare in toto la produzione del grande sognatore che ebbe il “coraggio” e l'amore di far nascere dai forni muranesi nuove e complesse magie così ricche di fantasia esecutiva pur mantenendo come base antiche tecniche capaci di trasformare un “pugno di sabbia” in un volo di gabbiani volteggianti nel cielo della nostra storia più remota.

Troppo ampia la materia per poter essere qui trattata in poche righe per cui il mio scrivere si è affidato all'emozione onde divenire puro omaggio allo spirito creativo delle maestranze muranesi in toto, alla lunga scia di uomini noti alla storia ed ai meno conosciuti che consumando la loro vita davanti al fuoco delle fornaci (ieri come oggi) hanno permesso alla nostra Città  di essere, nel tempo, artefice di bellezza e di operosità .

Uscendo, attraversando il grande Salone da ballo del Museo Correr, si incontra il ” Sogno veneziano ” una rassegna di figurine in vetro provenienti dalla Collezione di Franco Maschietto (oltre un centinaio di pezzi).
Sono maschere della commedia dell'arte, ballerine, deliziosi nudini femminili, moschettieri e clowns, acrobati e soldati, insomma un popolo in miniatura che ci saluta ricordandoci che, malgrado tutto, la patria del vetro è sempre qui galleggiante sulla cresta di onde lagunari baciate da una luce fecondatrice, anima immortale di una magia che il tempo non riuscirà  a cancellare.

Ai nostri lettori il solito arrivederci alla prossima Mostra.

Venezia, Marzo 2011

Giorgio Pilla – Critico d'Arte

( www.giorgiopilla.it )

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