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‘La sedia della felicità’, il saluto di Mazzacurati, affettuoso e divertente

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mazzacurati regista morto

L’ultimo lavoro di Carlo Mazzacurati, ‘La sedia della felicità’, presentato a novembre al festival di Torino ha tute le componenti che un capolavoro deve avere: freschezza, ironia e
un pizzico di malinconia. In quell’occasione il regista aveva ricevuto il Gran Premio per la carriera a Torino.

‘La sedia della felicità’ rappresenta così una sorta di testamento del regista, a cui avevano partecipato, anche con piccoli camei, tanti attori-amici consapevoli forse della sua malattia.

Girato in Trentino e prodotto da Angelo Barbagallo, il film ricalca l’idea di Mazzacurati di cinema ambientato nel Nord-Est d’Italia e con una vena surreale ancora più forte. Una girandola di personaggi e situazioni per raccontare l’inseguimento di un sogno, quello di un tesoro che ti cambia la vita, da parte di tre eterogenei personaggi. Ovvero la ricerca del malloppo di una criminale (Katia Ricciarelli), che la donna stessa confida in punto di morte alla sua tenera massaggiatrice Bruna (Isabella Ragonese) e, solo accidentalmente, a Weiner (Giuseppe Battiston) le gli è venuto a dare l’estrema unzione. Alla ricerca di questa
sedia africana molto chic con tanto di elefante intarsiato ci si metterà pure Dino, un tatuatore romano (Valerio Mastandrea).

Cosa unisce i tre in questa ricerca del tesoro? Più che l’ingordigia, il bisogno. Il prete è infatti un giocatore d’azzardo compulsivo, mentre Bruna e Dino hanno due attività sull’orlo del fallimento.

Il film è condito con camei straordinari, non ultimo quello di Fabrizio Bentivoglio e Silvio Orlando nei panni di due venditori di arte-patacca su una tv privata.

«E’ forse il film più comico che ho fatto. Negli altri c’era anche la tristezza oltre che l’ironia – aveva detto Mazzacurati -. Per una volta nella vita ho desiderato fare un film che mi piacesse anche da spettatore».

Paolo Pradolin

[23/01/2014]

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