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La pensione sfuggente, ma non per tutti

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Non è difficile per tutti andare in pensione e il malumore nel paese sta dilagando.
In Sicilia i dipendenti regionali possano andare in pensione con 25 anni di contributi, o addirittura con 20 anni se donne, per il fatto di avere un parente con grave disabilità  mentre lo stesso non avviene nel resto d'Italia.
Fa discutere inoltre il caso di un ispettore capo delle guardie forestali che ha riscattato contributi precedenti e il 1 gennaio 2009 (da allora la legge non è cambiata) se n'è andato quarantacinquenne, dopo 16 anni, 10 mesi e 30 giorni. La previdenza lo prevede visto il lavoro usurante e regala ai forestali siciliani un anno ogni cinque di servizio.
Sfacciato addirittura il record di G.S., dipendente dell'ufficio collocamento di Modica (Ragusa) in pensione a 40 anni.

Come spiegava giorni fa sul Giornale di Sicilia Giacinto Pipitone, se è vero che nel 2004 la riforma Dini passò, con nove anni di ritardo, anche per i dipendenti pubblici siciliani, l'adeguamento non è mai stato applicato a chi aveva la fortuna di lavorare per la Regione. Come anche la norma che permette ai regionali di calcolare la loro quota di retributivo sulla base dell'ultima busta paga incassata al momento di lasciare gli uffici, sfruttando, cioè, fino all'ultimo gli aumenti e i vari scatti di carriera.

Lo stesso sistema si applica anche sul calcolo della buonuscita. Per la maggior parte dei regionali viene calcolata sulla base del valore dell'ultimo stipendio.
Risultato? Come scrive Antonio Fraschilla: i direttori generali vanno in pensione incassando un assegno medio di 420.133 euro, anche se hanno ricoperto l'incarico solo negli ultimi mesi della loro carriera.

Mario Monti ed Elsa Fornero farebbero bene a pensarci: se non interverranno per eliminare immediatamente queste anomalie ogni loro sforzo per spiegare che la crisi planetaria è così grave da obbligare tutti a pesantissimi sacrifici sarà  una specie di presa in giro.

Mario Nascimbeni
[redazione@lavocedivenezia.it]

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