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LA NOTTE DEL GIUDIZIO – LA PURIFICAZIONE DELL’AMERICA DEL FUTURO PASSA ATTRAVERSO L’ETICA

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NOTIZIE CINEMA | Ci si aspettava forse troppo da “La notte del giudizio” di James DeMonaco, campione d’incassi negli USA. Un’idea folgorante, nuova, con riferimenti ai classici del cinema di genere come “Arancia Meccanica” di Stanley Kubrick, che si trasforma in una sceneggiatura piena di passaggi a tratti imbarazzanti, che sfocia in toni moraleggianti fin troppo superflui. Siamo negli Stati Uniti del 2022, la disoccupazione è scesa all' 1%, la criminalità  è praticamente svanita. Solo una notte all'anno, il giorno della purificazione, la gente può sfogarsi e omicidi e pestaggi diventano legali. In quella notte di marzo uno sconosciuto siintrufola in casa della famiglia di James Sandin (Ethan Hawke), mettendoli in pericolo a causa di un gruppo di sicari pronti ad uccidere chiunque si metta tra loro e la preda.
L'inizio promettente con scene di pestaggi montati su una musica classica che riportano alla memoria le sequenze di “Arancia Meccanica” di Kubrick, si spegne lentamente in una caccia tra gatto e topo che sa troppo di già  visto. Se l'idea di fondo, infatti, è originale, lo sviluppo della sceneggiatura si perde in scene alquanto ridicole, poco credibili e prevedibili.

“La notte del giudizio” è una pellicola che si pone a metà  strada tra il thriller e il film di denuncia di una nazione che, convinta di aver trovato la strada giusta per la salvezza, in realtà  delinea ancora di più il confine tra ricchi e poveri. I più abbienti, infatti, possono permettersi i migliori sistemi di protezione, gli altri dovranno fuggire per salvarsi. E' così che la società  americana fa scendere la percentuale di disoccupazione, eliminando in una notte all'anno, tutte quelle persone che sono un peso per il Paese.
DeMonaco , inevitabilmente, ribalta questo concetto dimostrando come la persona più povera, l'uomo che va a nascondersi a casa dei Sandin, sia il vero eroe, contro un gruppo di ricconi che vive nella falsità  e con un innata propensione alla violenza e al rancore.

Proponendo un razzismo di classe dunque, la crisi raccontata dal regista è una crisi di valori, di rispetto, di una popolazione che vive in nome del detto “homo homini lupus”. Ma se tutto questo subplot può essere interessante almeno nell'idea, il problema è nella completa mancanza di tensione e l'incapacità  di provare empatia verso i protagonisti.
Il vero film, quello interessante, quello su cui si poteva puntare molto di più, avviene fuori dalle porte di casa Sandin con il gruppo di ragazzotti mascherati, anche loro ispirati evidentemente ai Drughi di Kubrick. Essi però non trovano il giusto spazio nel corpo narrativo e il bravissimo Rhys Wakefield, capo della gang e il personaggio più interessante dell'intera opera, non viene sviluppato come si deve, finendo per diventare quasi un’inutile macchietta.
C'è l'America delle stragi, dell'uso e dell'abuso delle armi, della questione sull'etica personale in questo “La notte del giudizio” che però, nonostante le buone premesse, colleziona una serie di momenti e passaggi poco chiari con un finale fin troppo scontato e moraleggiante.

Sara Prian
[redazione@lavocedivenezia.it]

Riproduzione Vietata
[05/08/2013]


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