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Inzaghi, il Milan e la scelta della comodità. Di Mattia Cagalli

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Seedorf mandato via dal Milan

Sono sempre pronto a ricredermi, ad ammettere l’errore ma più ci penso e meno comprendo l’entusiasmo del tifoso milanista per l’arrivo di Filippo Inzaghi sulla panchina dei rossoneri. La situazione economica non è delle più rosee e come ama ripetere Adriano Galliani “Prima di comprare bisogna vendere”; peccato che fino ad ora il mercato della società di Berlusconi, non sia ancora… Entrato nel vivo. L’unica cessione è quella di Kakà che però, non ha portato introiti ma solo lo sgravio dell’ingaggio (8 milioni, una follia tra l’altro), e a breve quella di Robinho sullo stesso tenore. Come può quindi la dirigenza pensare di risollevare le sorti della squadra, solo con l’arrivo di un idolo dei tifosi?

Siamo sicuri che questa operazione coincida solamente con la fiducia di riposta nelle capacità di Inzaghi, oppure dietro c’è dell’altro? La scelta di un uomo del Milan, un aziendalista e quindi meno propenso a fare “polemica” e soprattutto richieste di giocatori.

Un Mourinho, un Spalletti, con le loro esperienze sarebbero state decisamente meno mansueti e disposti ad accettare la rosa messa a disposizione. Filippo Inzaghi invece no, è alla prima esperienza vera da allenatore, conosce le disponibilità finanziarie del club e difficilmente avanzerà vere pretese.

Dopo avere perso Iturbe per il cui acquisto bisognava prima cedere almeno Mario Balotelli e Romulo, richiesto con una offerta per il prestito oneroso, ora Galliani sembra puntare tutto su Alessio Cerci. Sinceramente non mi sembra il salvatore della patria e difficilmente farà diminuire il gap con le concorrenti. Insomma quello che si appresta a cominciare è un anno di transizione con la speranza di un miracolo.

Inoltre è davvero giusto che questi allenatori si ritrovino a gestire i grandi club, senza esperienza? Senza la classica gavetta? Oltre a un azzardo eccessivo non è anche un messaggio sbagliato trasmesso agli sportivi italiani e soprattutto uno sgarro a tutti quegli allenatori che per anni navigano con ottimi risultati nelle serie minori.

Il calcio italiano è lo specchio perfetto della società contemporanea e i risultati a livello Europeo e Internazionale ne sono la prova.

Come è possibile che gente come Francesco Guidolin, Giampiero Ventura o Walter Novellino, non abbiano mai avuto la grande occasione della vita? Allenatori che potrebbero insegnare calcio ai dirigenti ed invece si trovano scavalcati dagli Stramaccioni, Sedoorf e Inzaghi di turno.

Insomma un controsenso che cozza con il trattamento che viene invece riservato ai giovani calciatori. Dove più sono giovani, meno hanno speranze di esordire in prima squadra.

I nostri dirigenti infatti preferiscono andare a pescare all’estero dove i giocatori anche di vent’anni sono “più pronti”. Per forza, le squadre straniere li fanno esordire in Coppe europee maggiorenni; evidentemente fuori dall’Italia conta il talento e non la raccomandazione del procuratore.

Mattia Cagalli

[23/07/2014]

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