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Il racconto di una notte di tregenda 14- 15 giugno 1310 giovedi 02/12

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[30/11] Giovedì 2 dicembre al Telecom Future Centre di San Salvador a Venezia alle 18 l’eterno problema della specificità  veneziana viene affrontato dalla prospettiva di settecento anni fa, quando la congiura di Baiamonte Tiepolo avrebbe potuto trasformare Venezia nel porto di una grande signoria di terraferma composta da Padova e Ferrara.La presentazione del libro“Il racconto di una notte di tregenda 14- 15 giugno 1310” si svolge come una lettura a due voci in italiano e veneziano.

La storia è impersonata da Nelli Vanzan Marchini, autrice del testo, e la cronaca ha la voce dell’attore e regista Franco Vianello , il dialogo accosta problemi nuovi a soluzioni antiche attraverso il contrappunto della ricostruzione scientifica della rivolta e del pathos del popolano che la vive dal di dentro.

Gasparo esprime la conflittualità  delle situazioni e non risparmia le critiche .
“Nuialtri la leze sul conflito de interessi la gavevimo dal 1274!” e ci ricorda che il nostro parlamento ancora non ce l’ha.

La congiura di Baiamonte , ripercorsa nei suoi momenti più salienti , non aveva possibilità  di successo. Come poteva riuscire una azione in cui i padovani andavano in barca a espugnare la Piazza e i veneziani a cavallo per le Mercerie?
E poi… meno male che si è fatto il Consiglio dei Dieci per prevenire e punire i colpi di stato perché questi patrizi, anziché fare il loro mestiere di governare, stanno sempre a “baruffar”, mentre il popolo patisce!

In pochi cenni si sfata così uno dei miti dell’Italia postunitaria che ha criminalizzato questa istituzione cardine della Serenissima senza contestualizzarla per capirne originalità  e civiltà . Già , perché le coeve monarchie e Signorie risolvevano a colpi di coltello e di veleno i problemi politici, mentre invece la Repubblica aveva un tribunale che dibatteva sul metodo e sul merito decidendo a votazione l’annientamento dei suoi nemici.

Un libretto agile da leggere e comprensibile anche per i non veneti che riprende il classico filone dei dialoghi, auspicando una cultura italiana aperta alla valorizzazione di civiltà  più antiche e più radicate sul territorio che hanno molto da insegnare.

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