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Il Muccinema e l’altro cinema italiano (nascosto)

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La polemica sul cinema italiano e sulla pochezza di ciò che viene offerto nelle nostre sale è ormai risaputa; addirittura Quentin Tarantino, regista americano di culto e fan del nostro cinema di genere, ha puntato il dito contro la nostra produzione.

Ovviamente tutti ad indignarsi, a rimandare le accuse al mittente con il classico: si faccia gli affari suoi quello!

Sono un grande sostenitore di questa risposta, penso infatti che ognuno dovrebbe guardare in casa propria prima di parlare ma in questo caso, mi sento pienamente esterofilo.
Non me la prendo tanto con i cinepanettoni che ogni anno, fanno man bassa ai botteghini. Quelli sono solamente colpa del livello del nostro pubblico, quanto piuttosto sulla trafila di sceneggiature monotematiche che i produttori nostrani si ostinano a finanziare, convinti forse che noi necessitiamo di tali storie.Quindicenni disadattati alle prese con gli amori della loro vita, venticinquenni neolaureati senza un lavoro, quarantenni incapaci di farsi una famiglia prendendosi le proprie responsabilità  e finti moralismi sui gay e il loro mondo. E dopo? Non abbiamo proprio nient’altro da raccontare? Pare proprio di no.

A guardar bene infatti, sugli schermi delle piccole sale e in quelle multiple (veri aborti spilla soldi che meriterebbero un articolo a parte), non sembrano trovare posto, se non per alcuni giorni, film che affrontano tematiche e generi totalmente diversi.
Quante storie, solo negli ultimi anni, hanno avuto la fortuna di trovare produttori coraggiosi ma poi non hanno visto la luce di una distribuzione decente? Tanti, troppi.

Per citare un caso recente, l’horror “Shadow” di Federico Zampaglione, degno erede delle pellicole 70’ e 80’ di Fulci, Bava e l’ex maestro Argento. Un film che nonostante i buoni incassi iniziali, ha visto la propria programmazione a ora sempre più tarda, fino a sparire in poche settimane.

Come si pretende poi che il nostro cinema competa con quello di qualunque paese del mondo, quando si ha paura di puntare su un prodotto così raro nel nostro panorama.

Per non parlare poi di talentuosi cineasti, costretti a conoscere la stima ed il successo fuori dai natali confini, come Ivan Zuccon, trentottenne ferrarese, che vede le proprie opere distribuite e conosciute anche oltreoceano mentre qui, forse solo ora si inizia a parlare del suo lavoro (il lovercraftiano “Colour from dark” per ultimo).

Forse tutta questa è una polemica sterile, forse noi abbiamo bisogno di quello che amo definire Muccinema, quello dei fratelli Gabriele e Silvio Muccino per l’appunto. Capaci solamente di stereotipare il periodo attraversato in quel momento nelle loro vite; per l’appunto prima i ventenni, poi i trentenni, ora i quarantenni e così via fino all’”Ultimo bacio in geriatria”.

Certo, è sempre meglio il Muccinema del Moccinema, tra cui si possono citare i vari “Scusa ma ti voglio sposare”, “Scusa qua… Scusa la…”. Scusaci tu Moccia, nulla di personale ma non puoi limitarti a fare ciò che ritengo tu faccia già  male? Cioè scrivere libri? Perché devi imbrattare anche la pellicola?

Certo queste prodotti incassano quattrini e si sa, senza i soldi il cinema non lo si fa ma sarebbe bello, vedere anche solo un decimo di quei soldi, investiti in storie originali, nuove e soprattutto di giovani appassionati della settima arte, che non appartengano alla schiera dei soliti nomi.

Mattia Cagalli

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