Un gioiello di ingegneria idraulica per difendere Venezia dall’acqua alta. È questo il Mose (acronimo di Modulo sperimentale elettromeccanico), sistema di barriere mobili fissato all’imbocco del porto della città lagunare, e per la cui costruzione – stando all’indagine della procura di Venezia – è stato messo su un giro di tangenti milionario.
I lavori della mastodontica opera sono iniziati nel maggio del 2012, e rientra in un piani generale di interventi previsti dal Ministero delle Infrastuttre per la città di Venezia, avviati dal concessionario Consorzio Venezia Nuova e non ancora terminati. Il consorzio è costituito da un gruppo di imprese italiane specializzate nel settore delle grandi opere di ingegneria e, in particolare, nel campo delle opere idrauliche ad alto valore ambientale e tecnologico.
Un sistema di dighe mobili. Le barriere che fermano l’acqua all’ingresso di Venezia, quando arriva l’alta marea, sono state piazzate nel punto in cui la laguna e il mare si incontrano: le tre bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia. Sono costituite da una serie di paratoie mobili affiancate le une alle altre, che funzionano come grandi porte di acciaio. In caso di alta marea, vengono svuotate dall’acqua mediante l’immissione di aria compressa, e si sollevano fino ad emergere con la loro parte superiore, chiudendo le porte della laguna. Quando la marea cala vengono riabbassate e tornano sul fondo.
5 miliardi e mezzo. Il costo dell’intera opera è stato calcolato in 5 miliardi e mezzo. Un importo maggiore di quello inizialmente previsto, ma che ha permesso di impiegare 3.000 persone, di cui un migliaio direttamente occupati nei cantieri.
Sul lievitare dei costi collegato al sistema delle tangenti sta indagando la procura.
da Adico; Associazione Difesa Consumatori
[05/06/2014]
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