Il Milan non ce l’ha fatta, com’è lontana la notte di Monaco con quel splendido 2-0 al Bayern, 11 aprile 2007… .
Il Milan va fuori dalla Champions League e va avanti l’Atletico Madrid, una squadra che assomiglia al suo allenatore, Diego Simeone, e ne interpreta lo spirito. E’ dura andare fuori dalla Champions perdendo da una squadra che non è perfetta e non ha grandissimi campioni, ma l’Atletico ha grandissime altre qualità: sa leggere la partita in maniera completa, soffrendo nei momenti in cui sa di dover soffrire, offrendo in alcuni sprazzi di gioco calcio di qualità, veloce e verticale, con in mente sempre una grandiddima e fortissima idea di squadra e di collettivo che sa sacrificarsi per la causa.
I rossoneri hanno giocato da grande squadra soltanto gli ultimi 25 minuti del primo tempo, quando già stavano in svantaggio: il Milan va fuori dalla Champions ma tutti sappiamo che era chiamato a un’impresa oggettivamente complicatissima, dopo lo 0-1 dell’andata, che doveva essere affrontata con ben altro spirito.
Il Milan è andato subito sotto: 2’32” e l’Atletico ha sbloccato la gara. E’ dura sapere di andare fuori dalla Champions sapendo di aver costruito il pareggio, di essere andati vicino al raddoppio, e poi alla fine essere puniti da un autogol di Rami, però si pensava (o si sperava) che il Milan potesse fare una partita diversa, nello spirito e nel gioco. Invece la sindrome che ha colpito i giocatori rossoneri si è manifestata ancora una volta, giocatori spenti, quasi svogliati, forse svuotati e forse privi della necessaria condizione atletica.
L’episodio che da la svolta al match: Essien perde la palla sulla pressone di Gabi, che l’ha consegnata a Koke, preciso nel mettere Diego Costa nella condizione di distendersi e colpire, fra la sorpresa di Rami. Godin arriva poi vicino al raddoppio, ma senza lucidità al momento dell’ultimo passaggio. Ecco: Il può dire di essere uscito dalla Champions per la mancanza di lucidità proprio in quei momenti: per venti minuti ha opposto una resistenza confusa, debole e disordinata.
Ad un certo punto i rossoneri hanno capito che dovevano mettercela tutta, se non altro per salvare la faccia, così si mettono a spingere e a guadagnare metri: Balotelli conclude, ma Courtois non ha difficoltà a intervenire, sulla seconda opportunità, invece, il Milan pareggia: cross di Poli, mal controllato da Godin, preciso il colpo di testa di Kakà, sulla approssimativa opposizione di Juanfran.
Il pareggio non soltanto ha rimesso in partita la squadra d Seedorf, ma le ha consentito di prendere l’iniziativa, con l’Atletico costretto a ballare in mezzo al campo. Il Milan così va a pochi centimetri dal 2-1, quando Kakà, sul cross di Taarabt, ha colpito di testa, mettendo il pallone alto (36’). Ma poi ci si mette la sfortuna: quattro minuti dopo il tiro di Arda Turan dal limite sarebbe stato domato da Abbiati, se non fosse arrivata la deviazione di Rami (40’).
L’Atletico a quel punto si libera dalla paura, torna a spingere e si avvicina al 3-1 con una rovesciata di Raul Garcia. Costretto a rimontare, Seedorf ha giocato la carta Robinho, ma il secondo tempo è stato quasi tutto biancorosso, con una traversa scheggiata in avvio da Gabi e con un dominio sempre più schiacciante, attraverso una feroce applicazione da parte di tutti gli uomini di Simeone.
A chiudere il match è stato il colpo di testa di Raul Garcia da punizione, bravo a saltare fra de Jong e Rami (25’) e il finale è stato tutto dell’Atletico, che con Diego Costa (doppietta, sette eurogol in cinque partite), ha firmato il 4-1. La partita finisce così, con il Milan che va fuori dalla Champions lasciando questa immagine non piacevole per gli appassionati, e brutta per i tifosi, di squadretta di periferia schiacciata dagli uomini di Simeone.
Roberto Dal Maschio
[12/03/2014]
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