ringraziò e lo mise nella borsa vuota. Ritornò sul cammino del bosco e davanti ad un sasso grande e liscio, si fermò e aprì il libro. A pagina diciassette il titolo: L’Etiope.
“Un uomo comprò un etiope, attribuendo il colore della sua pelle all’incuria del precedente padrone. Portandoselo a casa, sperimentò su di lui ogni genere di sapone e tentò di ripulirlo con tutte le abluzioni possibili. Non riuscì però a mutare il suo colore, anzi, in conseguenza di quegli sforzi, lo fece ammalare. La favola dimostra che le caratteristiche naturali si mantengono sempre come si presentano in origine”.
Nina pensò e ripensò a quelle righe e a Esopo, allo scrittore greco che aveva avuto un’intuizione che ben rappresentava anche quel momento di violenta sopraffazione. Dunque, un uomo aveva “comprato” un altro uomo dalla pelle scura, era diventato il suo padrone. Non gli bastava esserne “il proprietario”, voleva cambiargli il colore della pelle. Se ne sentiva in diritto, tanto da non esitare a fargli violenza sfregando e lavando la sua pelle al punto di farlo ammalare. Però non ci è riuscito l’uomo bianco, il padrone, pensò Nina con soddisfazione, anche se lo avesse ucciso, lui sarebbe rimasto un etiope. Stava uscendo dal sentiero con questi pensieri in testa, quando incrociò due soldati tedeschi. Nina non indietreggiò, ricordò le parole del nonno, testa alta e passo sicuro. Nina sentì i passi dei soldati alle spalle, la fermarono trattenendole un braccio.
“Dove vai tutta sola?” chiese uno di loro in un italiano ridicolo accentato di tedesco.
“Sono andata a leggere” rispose Nina
“Nel bosco?”
“Sì, mi piace leggere nel bosco”.
“Cosa hai letto?” I tedeschi avevano l’aria divertita.
>>segue>>