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Il boom economico della Cina si sostiene anche con il regime repressivo

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[18/08] I media hanno annunciato l'imminente sorpasso della Cina nei confronti del Giappone. Gli economisti e i politici hanno attribuito la strepitosa crescita del PIL cinese a due cifre, alla “conversione” della classe dirigente comunista al capitalismo. Menzogna colossale: l'establishment cinese, nonostante il boom economico, è rimasto profondamente marxista leninista. Dai tempi della rivoluzione, nonostante Tienanmen, non è cambiato sostanzialmente nulla. Nella nazione più popolata del pianeta, oltre al fatto che la pena di morte ha superato in numero di esecuzioni tutte le nazioni del mondo messe assieme, non si può esercitare alcuna libertà  di pensiero, economica, individuale e religiosa. Quali sono dunque le ragioni dell'exploit economico finanziario? Semplice: l'applicazione sistematica del vero comunismo (non quello edulcorato e bonaccione ammannito ad usum delphini dalle segreterie dei partiti rossi) nei confronti della povera gente.

Come da buona tradizione marxista (paesi dell'est docet!) le manovalanze cinesi vengono spremute e sfruttate fino alla morte per arricchire una minoranza di reggenti marxisti con la “testa” a sinistra, ma con i portafogli a destra. Eppure, un'ingenua opinione pubblica per spiegarsi i bassi prezzi del made in China, si è accontentata dei blandi chiarimenti dati dagli organi di informazione: assenza di sindacati, sfruttamento minorile e salari minimi.

Purtroppo non è tutto qui. Dietro i costi abbattuti dei prodotti cinesi, ci sono storie di torture, omicidi, espianti e traffici d'organi illegali ed abusi che riguardano milioni di persone. Questa realtà  poco conosciuta ha un nome: Laogai, che in cinese significa “riforma, rieducazione attraverso il lavoro”. I Laogai sono dei veri e propri campi di concentramento su cui si basa il sistema carcerario cinese. In Cina infatti, per reati “minori” si può essere rinchiusi per tre anni senza nessun tipo di processo. “Violazioni” come parlare di democrazia, mostrare idee politiche in conflitto con il regime o semplicemente appartenere ad una minoranza etnica o religiosa vengono severamente punite. Una volta rinchiusi i dissidenti devono confessare le proprie colpe e giurare fedeltà  al governo.

Le confessioni vengono quasi sempre estorte con metodi disumani come l'uso del bastone a scossa elettrica, frusta o manganello. Una volta “confessato” il proprio crimine, il detenuto “operaio”, comincia la vera e propria “riabilitazione” attraverso il lavoro che consiste in una quantità  di oggetti da produrre in una giornata lavorativa di 18 ore. Se il detenuto non riesce a svolgere per tempo la sua “quota”, produttiva giornaliera, la razione di cibo diminuisce senza possibilità  di appello.

Ma tutto questo non basta, le atrocità  più cruente vengono commesse contro i condannati a morte. In Cina ci sono sessanta reati per cui si può essere giustiziati. Una volta soppressi si procede all'espianto degli organi: reni, cornee, cuore, prendono prontamente la via dei mercati internazionali. Se queste sono le ragioni del successo made in China, non sarebbe meglio che i governi mondiali invece di porgere supinamente mani e tappeti, intervenissero fattivamente per sopprimere (anche con la forza se necessario) l'ultimo “paradiso capitalista” moderno marchiato made in Falce e Martello?

Gianni Toffali Verona

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