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Il bene e il male sono due concetti che il relativismo mette sullo stesso piano

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Il pontificato di Benedetto XVI, che dura ormai felicemente da oltre sei anni, somiglia molto ad una cittadella assediata, per gli errori e le deviazioni nella fede di alcuni suoi membri che sfigurano, deturpano, e macchiano la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo. Che san Paolo ha definito “santa e immacolata, senza macchia nè ruga”. Anche se, vi sono molte note positive nella barca del successore di Pietro che andranno evidenziate ( in un successivo articolo) per onestà  intellettuale. Benedetto XVI, fu eletto nel 2005 quando, di fronte all'intero Collegio cardinalizio, parlo' di “dittatura del relativismo” come pericolo numero uno della Chiesa, riuscendo a conquistare tutti i cardinali: quelli conservatori, moderati e progressisti.

Da ex professore di teologia Benedetto XVI individuo' nel relativismo etico e religioso che non ammette certezze nè morali nè religiose una grossa insidia per la Chiesa del terzo millennio. E, infatti, Benedetto XVI colse prima di ogni altro che se la Chiesa non avesse avuto certezze, avremmo assitito alla decomposizione del cattolicesimo.
Parliamo, per esempio, della morale cattolica considerata piena di divieti e di tabù che discende dal Decalogo e dalle Beatitudini: essa è invisa ai relativisti perchè pone dei limiti: non uccidere, non commettere atti impuri, onora il padre e la madre, ecc. Se essa non ci fosse, tutto sarebbe lecito come dice lo scrittore russo Fedor Dostoevskij.

E in questo tempo, scristianizzato e secolarizzato, neopositivista, scientista, agnostico, ateo, edonista, razionalista, scettico, e materialista, i cattolici dovrebbero dire si all'aborto, all'eutanasia, alle unioni di fatto gay e non, alle adozioni gay, alla inseminazione artificiale, alle mamme nonne e ai padri con figli partoriti da madri sconosciute, ecc. Uno vero far west nella bioetica. E qualche assaggio l'abbiamo avuto già  in Parlamento con scontri tra la cattolica adulta, Rosy Bindi, presidente del PD (favorevole ai Dico) e la Binetti dell'Udc.

Il bene e il male sono due concetti che il relativismo mette sullo stesso piano. Io sono libero di gettare i sassi dal cavalcavia e ammazzare una famiglia (perchè per me è un bene anzichè essere male) oppure il branco è libero di violentare e stuprare una bambina perchè non è poi una cosa cosi orribile.
Questi fatti avvengono perchè si nega il peccato e si nega la coscienza morale. E qui entriamo nel campo del relativismo religioso.

Insomma si cerca di spegnere la coscienza religiosa e di anestetizzare la coscienza morale. La nostra umana esistenza nasce, vive, si svolge e tramonta in un rapporto esistenziale e morale con Dio. Qui è tutta la sapienza della vita; qui la filosofia della verità , qui la teologia del nostro destino. Noi nasciamo creature di Dio; noi siamo ontologicamente da Lui dipendenti; e, volere o no, noi siamo davanti a Lui responsabili. Siamo costruiti così. Intelligenza, volontà , libertà , cuore, amore e dolore, tempo e lavoro, relazioni umane e sociali, la vita, in una parola, ha una derivazione variamente determinata, ed ha una finalità , pure variamente definita, in rapporto con Dio. L’uomo non è adeguatamente concepibile senza questo riferimento essenziale con Dio.

Per quanto misterioso e trascendente, e perciò ineffabile sia il Dio eterno principio dell’universo, Egli incombe sopra di noi, ci conosce, ci osserva, ci penetra, ci conserva continuamente; è il Padre della nostra vita. Lo possiamo ignorare, dimenticare, disconoscere, negare e rinnegare; Egli è. È vivo: è vero. «In Lui noi viviamo, ci muoviamo, ed esistiamo», come afferma S. Paolo all’areopago d’Atene (Atti 17, 28). Il peccato non esiste? . . . Oh! siamo saturi di queste ideologie. Ma noi siamo sempre convinti, per grazia stessa di Dio, che Dio esiste, come il sole; e che tutto da Lui ci viene e tutto da noi a Lui va.

Certamente questa Weltanschauung ( concezione del mondo) , è oggi avversatissima; non si vuole ammettere l’esistenza di Dio, si preferisce violentare la propria ragione con l’assurdo aforisma della «morte di Dio», piuttosto che allenare la propria mente alla ricerca e all’esperienza della luce divina. L’ateismo sembra trionfare.
La religione non ha più ragion d’essere? Quante volte abbiamo sentito alcuni religiosi, preti, o docenti di religione cattolica, dire che i dogmi cattolici non esistono perchè sono una prigione del pensiero, al punto da dubitare che Maria non è Assunta in cielo e non è l'Immacolata Concezione? Oppure che il Papa, solo in materia di fede e di costumi, è infallibile? E l'elenco del relativismo religioso è lungo e potrebbe continuare. L'inferno non esiste, satana non esiste, l'anima non è immortale, Gesù e la Chiesa da lui fondata sarebbero separate.

E ancora: Gesù è solo Uomo, un Maestro, un Salvatore, un Rivoluzionario, un Profeta esaltando così solo la sua natura umana, e non quella divina. Si, per costoro, Gesù non fatto miracoli, non è Risorto, ma come dice Bonhoeffer Egli “è per gli altri” nagando di fatto la sua divinità . Proprio come fece il teologo Hamilton negli Usa che proclamo' la morte di Dio. Concludiamo con l'Eucarestia: essa – dice il Papa- è la Presenza reale del Corpo e del Sangue di Cristo. Invece per gli eretici di casa nostra è solo “Memoria”. In tutte queste cose relative, i nostri teologi à  la page, fanno riferimento alla Scrittura e al suo libero esame, depurato dal magistero della Chiesa e dalla Tradizione apostolica. Da ultimo ho dimenticato la S.S. Trinità : tutte fandonie.
Dio non è Padre e soprattutto Dio non è il Figlio e lo Spirito Santo. Un unico Dio in tre distinte Persone è una realtà  che non viene accettata. Questo è il relativismo religioso. Tutte le verità  divine sono relative, non assolute e non ammettono certezze.

Da ultimo va segnalato che queste verità  divine vengono contestate, sono oggetto di critica corrosiva, di disobbedienza, autocoscienza, il dubbio da sistematico si fa ontologico, si invoca un malinteso pluralismo religioso e culturale per sponsorizzarle, si diventa insofferenti al magistero ecclesiastico, si forma il dissenso organizzato, si creano frazioni e fazioni per cambiare le strutture della Chiesa.

Dove si insegnano queste teorie peregrine? In alcuni Seminari e in alcune Facoltà  teologiche di Diocesi italiane. La più importante (senza nulla togliere alle altre) è quella dell'Italia settentrionale con sede a Milano. Per 30 anni abbiamo tollerato parecchie eresie, ora diciamo basta. Vogliamo un cristianesimo vivo, spirituale, senza sofismi ed arbitrii, non facile, non comodo, non mediocre ma con sacrifici. Un cristianesimo non “orizzontale”, filantropico e umanista, ma “verticale” cioè teologico, dogmatico e sostanzialmente religioso.

Papa Benedetto XVI, in questi anni, è stato aiutato dal cardinale Levada, dal cardinale Bertone, dal cardinale canadese Ouellet, dal Presidente CEI card. Bagnasco, dal card. Caffarra, e dall' Arcivescovo Fisichella, dalla Curia Romana, e dal Collegio episcopale e cardinalizio, ha lavorato alacremente per eliminare difetti, deformità , nocività , e scandali nella Chiesa Cattolica.
Pensiamo solo a quello grande come una casa: la pedofilia del clero. Benedetto XVI in silenzio ha lavorato con grande umiltà  per “rinnovare” il volto della Chiesa ( no a una Chiesa autoritaria, che pensa al potere, al denaro, a separarsi dal mondo, superba, conformista, fideista, oscurantista, antievangelica e antistorica. Diciamo soltanto che Benedetto XVI in questi anni ci ha proposto nel suo ministero il modello, e l’uomo perfetto cioè Cristo, il «tipo», l’archetipo, e il prototipo dell’umanità  (Cfr. Rm. 8, 29).

Ma le deviazioni della fede che abbiamo sopra descritto ci sono e sono tante. Il rischio, se non si corre ai ripari, è la decomposizione del cattolicesimo. Benedetto XVI una volta si è definito “uomo mite, ma forte”. Ebbene la mitezza come Vicario di Cristo in terra, l'apprezzano e la constatano tutti, cristiani e non. Sulla fortezza egli si riferiva ai principi. Il Papa sa che gli “eretici” nella Chiesa cattolica sono una minoranza esigua, ma come dice Pietro nella sua Prima Lettera: “Resista e sia forte nella fede”. In gioco c'è l'unità  ecclesiale, come autorevolmente ha detto nei giorni scorsi il suo amico teologo, il Patriarca di Venezia, Angelo Scola, promosso a 70 anni Arcivescovo di Milano.

Perché? Per normalizzare una Diocesi difficile, complessa e non sempre in linea con il successore di Pietro, specialmente nella teologia, disciplina nella quale Scola è un Maestro. Benedetto XVI sa di poter contare sulle migliaia di fedeli che incontra nelle Udienze generali e nei Viaggi apostolici. Sa che puo' contare sul Popolo di Dio, sui 5.002 Vescovi e sui 409 mila preti sparsi in tutto il mondo. In lui riconoscono il successore di S. Pietro, il pescatore di Galilea, che Gesù chiamò e trasformò in pescatore dell'umanità ; Egli lo mise alla testa del gruppo dei dodici discepoli da lui scelti, che poi il Signore istruì e chiamò apostoli, e mandò a convertire e a salvare il mondo.

Il rapporto fra il Papa e la Chiesa, tutta la Chiesa, lo leggiamo nel il famoso pensiero di S. Ambrogio: Ubi Petrus, ibi Ecclesia, dove è Pietro, ivi è la Chiesa. Noi fedeli quali siamo di Gesù Cristo, che su Pietro ha fondato la sua Chiesa, incontrandoci col Papa pensiamo alla Chiesa che è in lui concentrata, e ci sentiamo in questo momento più che mai in comunione con tutti i fratelli di fede, con tutta la comunità  universale dei credenti, anzi, per un certo senso con tutto l’umanità . Sì, qui è il centro, qui è il cuore, qui è l’unità  della cattolicità .
Chi è il Papa? Non fermiamo la nostra risposta al nome e cognome originario, che non ci darebbe alcun concetto adeguato, ma di rivolgere il vostro pensiero a quello del Signore, che ha voluto Lui stesso definire la persona di colui che Egli sceglieva come primo dei suoi discepoli, dalla funzione, dalla missione, che il Signore stesso gli conferiva: non si sarebbe più chiamato Simone, figlio di Jona, suo nome nativo, ma Pietro, suo nome d’ufficio; dove è evidente che Gesù dava al suo eletto una virtù particolare, e un ufficio particolare, raffigurati l’una e l’altro nell’immagine della pietra, del sasso, della roccia; e cioè la virtù della fermezza, della stabilità , della solidità , dell’immobilità , dell’indefettibilità , sia nel tempo, che nelle traversie della vita; e l’ufficio di fungere da fondamento, da caposaldo, da sostegno, come Gesù stesso disse, all’ultima cena, a Pietro medesimo: «Conferma i tuoi fratelli» (Lc 22, 32). Pietro doveva essere la base sulla quale tutta la Chiesa del Signore è costruita.

Il pensiero del Signore è chiarissimo; ed è ciò che forma la singolarità  e la meraviglia del Papato. Per chi ha qualche cognizione, o qualche esperienza della fragilità  delle cose umane la parola di Gesù a Pietro appare così nella sua audacia divina, che vince la debolezza umana e sfida la caducità  delle costruzioni fondate sulla sabbia del tempo. Un miracolo di equilibrio, di resistenza, di vitalità , che trova la sua spiegazione nella presenza di Cristo nella persona di Pietro! È da ricordare inoltre che nella Sacra Scrittura questa figura della pietra è dapprima riferita a Dio, come spesso s’incontra nell’antico Testamento; poi è riferita al Messia, a Gesù medesimo, la pietra d’angolo (Mt 21, 42). S. Pietro stesso lo ricorda nella sua prima lettera, chiamando Cristo pietra viva e angolare (2, 4-6), ma poi da Gesù la figura della pietra è attribuita al primo degli apostoli. S. Leone Magno dice bene: Gesù volle che Pietro portasse il nome che definiva Lui stesso, Gesù: id quod Ipse erat voluit (Petrum) nominari (Ep. X, 1; P.L. 54, 629).

Benedetto XVI è, quindi, il successore di Pietro. E noi vediamo il Lui l’inviato, il messaggero, il missionario, il diffusore, l’araldo, il testimonio, l’ambasciatore qualificato di Cristo e del suo Vangelo. Il fatto cioè che Pietro è apostolo ci fa pensare, da un lato, all’apostolicità  della Chiesa, e dall’altro all’apostolato che è nella Chiesa. In noi ora prevale lo stimolo a riconoscere il fatto straordinario e meraviglioso della missione apostolica, la quale deriva niente meno che dal Padre celeste (ricordate le parole di Gesù: «Come il Padre ha mandato me, così Io mando voi»? Gv 20, 21), e avvertiamo la natura e lo scopo del fatto stesso, cioè la diffusione del messaggio di Gesù, diffusione che chiamiamo apostolato. Oggi non solo l’invito, ma l’obbligo dell’apostolato tocca ogni cristiano, veramente fedele. L’apostolato, anche se non è ufficiale, anche se non è organizzato, è ufficio di ogni vero seguace di Cristo. La prova è semplice: non si può essere veri cristiani, senza la carità ; non si può vivere la carità , senza amare il prossimo, i fratelli, gli altri.

Alberto Giannino

Presidente Ass. culturale docenti cattolici

[29 luglio 2011]

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