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I LEONI DI SAN MARCO | Alberto Rizzi

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E’ recentemente uscita l’ultima fatica del veneziano Alberto Rizzi, storico dell’arte. Si tratta di un prezioso cofanetto di tre volumi “I leoni di San Marco”, una coedizione fra il Consiglio e la Giunta del Veneto e l’editrice Cierre, dove troviamo catalogati oltre 7.000 leoni marciani; un’opera enciclopedica dalla quale emerge quanto attuale sia l’identificazione con il Leone nelle Terre di San Marco.
L’espressione San Marco in forma de Lion definisce molto bene il leone marciano, che è qualcosa di più dello stemma della Capitale veneziana edella sua millenaria Repubblica.
Che tale lo sia, o meglio lo sia divenuto attraverso i secoli, lo testimonia indiscutibilmente l’affezione verso di esso, dimostrata non solo dagli abitanti di Venezia e del Dogado, ma anche nello Stato da Mar e nello Stato da Tera, i quali avevano finito per identificarsi con l’entità  politico-culturale in esso figurativamente espressa con tanta efficacia.
Differenziato in Leon in “moleca” (il granchio quando ha il guscio molle) e “andante”, il Leone di San Marco divenne l’emblema politico oltre che religioso di Venezia già  nel XIII secolo, per affermarsi pienamente in età  gotica, la quale, assieme a quella rinascimentale, costituì anche la fase di maggior fortuna del simbolo, di pari passo con la potenza politico-militare ed economica che esso rappresentava.
Le numerosissime presenze, e soprattutto la sua popolarità  attirarono fatalmente su di esso al tramonto della Serenissima Repubblica, il tragico 12 maggio 1797, un’ondata di distruzioni che non è esagerato definire “leontoclastia”; i giacobini napoleonici distrussero e scalpellarono nella sola città  di Venezia oltre 1.000 leoni marciani; bastava gridare “Viva San Marco” per essere condannati a morte! Ma nonostante tanto odioso accanimento, il simbolo marciano continua ad essere più vivo che mai; dal 1970 è il simbolo ufficiale della Regione del Veneto e la Sua presenza nel Veneto e nelle comunità  venete nei cinque continenti è una moderna dimostrazione identitaria e di consapevolezza di appartenenza a una storia comune.

Da sempre si guarda con rispetto e ammirazione, con timore al nostro simbolo, al Leone di S. Marco.
A quel simbolo, e Napoleone l’aveva capito benissimo, che è molto di più di una bandiera, quel simbolo che ha una dimensione visibile, materiale, facilmente riconoscibile e un’altra invisibile, irraggiungibile, imperscrutabile, che sfugge a qualsiasi tentativo di interpretazione, di controllo, di cattura …….
Paolo Rumiz ne “La secessione leggera” scrive a proposito del Leone di San Marco e dei Serenissimi che nel maggio del 1797 occuparono il campanile:
“Così si continuò a non capire che cosa aveva spaventato lo stato. Eppure la bandiera piantata sul campanile forniva già  la risposta.
Era un simbolo, il segreto stava lì. Il commando si era servito della più invisibile e immateriale delle armi”
Emblematico che, rispetto alla prima edizione, datata 2001 e composta di due volumi, questo nuovo cofanetto ha circa il trenta per cento in più di leoni marciani.
E per capire la dimensione del lavoro del prof. Rizzi ripropongo una delle migliaia di schede che descrivono il leone:
“PORTO ALEGRE (Brasile)
575. Piazza Italia. Nella piazza, la più importante della capitale del Rio Grande do Sul, il 5 dicembre 2002 è stata inaugurata una colonna sormontata da un gigantesco leone marciano bronzeo dono della Regione Veneto. Opera dello scultore veneto-brasiliano Gustavo Nakle, la scultura presenta ali sollevate, muso sorridente e coda svolazzante. La cerimonia è avvenuta alla presenza di una delegazione del Consiglio Regionale del Veneto e di autorità  del Rio Grande do Sul, lo stato più italiano, nella fattispecie veneto, del Brasile essendovi molto numerosi i discendenti di emigranti veneti giuntivi tra gli anni 1875 e 1930…”

Un’opera straordinaria, e tutti i veneti coscienti della propria identità  devono essere grati al prof. Rizzi che ha dedicato anni e anni della propria vita alla catalogazione, salvaguardia, valorizzazione del Leone di San Marco.

ETTORE BEGGIATO
[redazione@lavocedivenezia.it]

Riproduzione Vietata
[04/02/2013]


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