In tanti ci provano, forse avvicinandosi, ma nessuno ci è mai arrivato.
L’algoritmo che comanda i risultati dei motori di ricerca di Google è un mistero come il Terzo Segreto di Fatima.
Si mormora che i collaboratori stessi del colosso del web, al momento dell’assunzione, siano tenuti a firmare un contratto molto vincolante in ambito di riservatezza.
Ed ora, per ultima, ci ha provato la Germania. Inutilmente.
Dalle colonne del Financial Times, Heiko Maas, ministro della Giustizia socialdemocratico, l’altro ieri durante un’intervista aveva chiesto al colosso di Montain View di rendere pubblica e accessibile la formula segreta del suo algoritmo.
Google ha prontamente risposto ieri, e il suo “No, grazie” è stato ampiamente motivato: «Il tema è stato esaminato per otto anni negli Stati Uniti e in Europa, e le autorità di regolamentazione hanno concluso che non usiamo i nostri algoritmi per prendere di mira i nostri concorrenti. Rendere i nostri algoritmi disponibili può sembrare semplice, ma — ha concluso il portavoce di Google — così facendo lasceremmo campo libero a spammer , siti con malware e siti web di bassa qualità, danneggiando i nostri utenti».
Paolo Pradolin
18/09/2014
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