Il governo si trova davanti ad un’altra svolta decisiva della sua storia. Tagliare o meno le detrazioni fiscali Irpef, come minacciato-paventato, per recuperare il mezzo miliardo di risparmio che manca e che invece è previsto dalla legge di Stabilità (cifra che salirà a 700 milioni nel 2015 e si stabilizzerà a 600 dal 2016).
Al ministero dell’Economia e a Palazzo Chigi prevale un certo pessimismo. Il riordino delle detrazioni dal punto di vista della comunicazione equivale a un aumento delle tasse. L’ennesimo, per questo l’esecutivo vorrebbe evitarlo.
A questo punto sono tre le strade: la prima è operare un taglio selettivo delle detrazioni, basandosi sulle fasce di reddito, cioè facendolo ricadere prevalentemente su quelle più elevate, circa 5 milioni e mezzo di contribuenti. La seconda potrebbe essere quella di scegliere soltanto alcune delle detrazioni cancellandole per tutti.
La terza consiste nel consueto ‘ritocchino’ al ribasso: se il taglio selettivo non verrà operato si procederà a uno lineare delle detrazioni Irpef che finora sono applicate nella misura del 19% , che scenderebbero al 18%, per arrivare al 17%.
Che significa: questa misura sarebbe retroattiva, cioè prevede l’applicazione per tutte le spese fatte nel 2013, dichiarate nel 2014. Le spese fatte nel 2013 passerebbero al 18%, quelle del 2014 avrebbero una percentuale invece del 17%.
In pratica un’altra manovra, che colpirebbe tutti, indiscriminatamente, senza distinzione di reddito.
Una piccola speranza di evitare tutto questo ancora c’è. I 500 milioni richiesti dalla legge di Stabilità potrebbero arrivare dall’accordo con la Svizzera sul rientro dei capitali dall’estero. L’idea è sempre stata considerata “un gettito aleatorio” (un po’ campata per aria).
Queste le possiblità, anche perchè la arcinota spending review, a cui si chiede ormai di recuperare risorse per qualsiasi evenienza, pare essere ormai all’osso.
Paolo Pradolin
[20/01/2014]
Riproduzione vietata