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Brasile, disordini e Mondiale. Il primo ministro: “Non siamo pronti”

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Il Brasile in questi giorni non è solo gioia per il gioco del calcio, aspettativa per i campioni, voglia di vedere bel calcio, è anche proteste, manifestazioni violente e dissenso popolare per come un paese in crisi abbia speso il denaro pubblico per organizzare i Mondiali.

Ieri è stata una giornata di lacrime e sangue a San Paolo. Davanti alla stazione di Ana Rosa, nella zona sud della città, si è combattuta una battaglia tra la polizia in assetto anti-sommossa e gli scioperanti che picchettavano l’entrata della metro, bloccando chi voleva lavorare.
La polizia ha caricato lanciando lacrimogeni e granate stordenti, sparando proiettili di gomma e manganellando senza distinzioni scioperanti ed esponenti dei movimenti sociali arrivati a sostegno. Bilancio: 13 persone arrestate e quattro feriti.

Altri disordini più tardi, quando appartenenti ai movimenti sociali hanno bloccato la centrale avenue Vergueiro incendiando cassonetti al grido: «Non ci sarà nessuna Coppa». Alle 8 la circolazione è ripresa, anche se lentamente.

Sullo sfondo lo sciopero della metropolitana giunto alla sesta giornata con i dipendenti che guadagnano 450 euro al mese: 4 milioni di persone a piedi e in auto (code ovunque), uno sciopero che ben presto è diventato momento di rivendicazione per gran parte delle categorie pubbliche.

Ora, inoltre, sul tavolo della trattativa non più c’è solo l’aumento salariale del 12,2 per cento ma anche il reintegro dei 61 licenziati per giusta causa. Secondo le ultime notizie la discussione si sarebbe nuovamente interrotta. Il timore è che molte categorie di lavoratori (impiegati federali, autisti di bus, insegnanti) utilizzino il Mondiale per forzare la mano rendendo trasversale la protesta.

Con i controllori del traffico che si pongono in malattia o in permesso, in Brasile è caos totale. Il problema è ormai politico: in ballo c’è il lavoro ma anche le spese abnormi, in esseri umani e soldi, del Mondiale: 9 operai morti nei lavori, 11 miliardi di dollari spesi.

Al ministro dello sport, Aldo Rebelo, è sfuggito: «Il Brasile non è pronto», ma intanto le personalità, comprese quelle Fifa, si spostano in elicottero.

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