La Corte Costituzionale salva dai tagli gli stipendi dei magistrati e dei manager della Pubblica amministrazione, cioè a dire quei dipendenti pubblici con un reddito superiore ai 90 mila euro. «Violazione del principio di uguaglianza» per tutti i dirigenti pubblici rispetto ai privati è il principio, mentre per i magistrati l'adeguamento automatico triennale dello stipendio è garanzia di indipendenza, non avendo altri strumenti di adeguamento contrattuale.La Corte Costituzionale ha tagliato le gambe a questa porzione di provvedimenti introdotti con il contributo di solidarietà voluto l'anno scorso dal governo Berlusconi, quando ministro del Tesoro era Tremonti.
Secondo la Consulta, il decreto è illegittimo nella parte in cui riduce del 5%, fino al 31 dicembre 2013, la retribuzione dei singoli dipendenti tra 90 mila e 150 mila euro, e del 10% la parte eccedente i 150 mila euro. La violazione dell'articolo 3 della Costituzione si concretizza rispetto agli altri dipendenti che guadagnano sotto questo tetto, ma soprattutto rispetto ai dipendenti privati.
Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha evidenziato lo «sconcerto dei cittadini, anche se in presenza di una sentenza ineccepibile dal punto di vista del diritto: un cittadino non capisce perché per gli esodati non si trova una soluzione ma si interviene per annullare una decisione presa dal governo per limitare gli stipendi dei manager pubblici».
La sentenza riguarda 26.472 tra dipendenti e manager (tra cui 10 mila medici) per un ammontare di circa 23 milioni l'anno.
Lucio Saro
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[12/10/2012]
titolo: BOCCIATI TAGLI STIPENDI GIUDICI, MANAGER, MEDICI | Alla fine, pagano sempre gli stessi
foto: CA' FOSCARI (REPERTORIO)