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Amnistia e indulto, che cosa succederebbe?

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Il presidente Napolitano propone amnistia e indulto per alleggerire il problema delle carceri. Se accadesse, che cosa succederebbe? Indulto è sinonimo di condono mentre l’amnistia, risalendo all’etimologia, esprime «dimenticanza».
Il primo estingue in tutto o in parte la pena principale e non incide su quella accessoria (a meno che non sia specificato nella legge). La seconda estingue il reato e, se vi è già stata condanna, fa cessare l’esecuzione della condanna e delle pene accessorie.

E’ abbastanza recente l’ultimo indulto avvenuto, fu votato dal Parlamento nel 2006. Grazie al provvedimento circa 30 mila detenuti poterono uscire dalle carceri (compreso quelli per reati di sangue, di corruzione e di concussione) e le ‘presenze’ in carcere crollarono da 68 mila a 38 mila.
Come avranno osservato in molti, il provvedimento non serve propriamente come rimedio al problema del sovraffollamento delle carceri, visto che dopo pochi mesi una grande maggioranza dei detenuti era già tornato in cella. E comunque lo svuotamento dell’indulto portò il numero dei detenuti da 68mila a 38mila, ma oggi i detenuti sono di nuovo 64.758.

L’ultima amnistia, invece, risale al 1990, amnistia concessa per ogni reato non finanziario per il quale era stata stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a 4 anni.

Giorgio Napolitano ha scritto alle Camere: tra i «rimedi straordinari» da considerare, «l’indulto è la prima misura che intendo richiamare all’attenzione del Parlamento» perché «può applicarsi a un ambito esteso di fattispecie penali (fatta eccezione per alcuni reati particolarmente odiosi). L’indulto di 3 anni, stima il capo dello Stato, inciderebbe sull’uscita dal carcere di almeno «24 mila detenuti condannati in via definitiva con pena detentiva residua non superiore ai tre anni».

Paolo Pradolin

[09/10/2013]

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