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A Cà Rezzonico: Pietro Bellotti, un vedutista dimenticato. Di Giorgio Pilla (II)

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le depura da qualsiasi sentimento di partecipazione e che “ scolora “ la tavolozza producendo un effetto di amalgama, quasi che l’Artista avesse voluto “ congelare “ la Città per consegnarla integra ai posteri, fermando così l’attimo fuggente in un “clic “ pittorico che non potesse essere manomesso dal tempo e dalla storia.

E’ una Venezia “ silenziosa “, la sua, una Città di cui si può udire solamente il respiro esistenziale, che manca del cicaleccio dei mercati di Rialto, le grida dei barcaioli in Canal Grande, la musicale confusione in Bacino di San Marco per la “Sensa”, le donne ai balconi, che si colgono in Canaletto e in Guardi; troviamo qui l’intimità di un popolo riverso su sè stesso, operoso come sempre, ma come colto dai prodromi dei grandi avvenimenti che si stavano preparando nella nostra storia, che sarebbero sfociati al fine nella disperazione della Caduta della Serenissima, nell’indifferenza del mondo circostante.

Non mancava, tuttavia, di una fervida immaginazione che si manifesta nella declinazione di ampi “ capricci con rovine” luminosissimi e solenni, opere tipiche dell’epoca e molto richieste dai collezionisti, in cui il passato affiora con l’imponenza dei manufatti illustrati che appaiono toccati dal tempo, ma capaci di mantenere una propria maestosità testimone della storia. Qui l’Artista si dimostra in grado di farci immaginare ciò che i secoli trascorsi hanno tentato, spesso invano, di cancellare complici l’incuria dell’uomo e la corrosione della natura.

Strana sensazione la mia, eppure immagino consona al carattere del personaggio che viene ben delineato nell’esaustivo e bellissimo Catalogo a cura di Charles Beddington e Domenico Crivellari, nelle cui pagine si legge l’avventurosa vita di questo “ ardimentoso “ Artista che, pur facendone parte, riuscì a crearsi una nicchia tutta propria all’interno dello spazio

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