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Lunedi 3 agosto commemorazione dei Sette Martiri

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[31/07] Lunedì 3 agosto ricorre il 65. anniversario dell’eccidio dei Sette Martiri, uccisi sulla Riva allora dell’Impero, davanti alla popolazione rastrellata in Via Garibaldi, quale rappresaglia per la presunta uccisione di una sentinella tedesca che in realtà  era morta annegata.

I Sette Martiri erano detenuti politici a Santa Maria Maggiore: Aliprando Armellini, 24 anni, di Vercelli, partigiano; Gino Conti, 46 anni, animatore della Resistenza a Cavarzere; Bruno De Gasperi, 20 anni, e i fratelli Alfredo Gelmi, 20 anni, e Luciano Gelmi, 19 anni, di Trento (i tre erano renitenti alla leva); Girolamo Guasto, 25 anni, di Agrigento; Alfredo Vivian, 36 anni, veneziano, comandante militare partigiano.

Alle ore 18, alla sede dell’Anpi in via Garibaldi, è previsto il raduno del corteo che percorrerà  Via e Viale Garibaldi e i giardini pubblici, per andare a deporre una corona al monumento alla Partigiana. Proseguirà  poi per Riva dei Sette Martiri, dove verrà  deposta una seconda corona sotto la lapide che ricorda l’eccidio e avrà  luogo, alle ore 18.45, la cerimonia di commemorazione, organizzata dal Comune di Venezia e dall’Anpi.
Per l’Amministrazione comunale interverrà  l’assessore Sandro Simionato, per l’Anpi il presidente provinciale, Marcello Basso, e il membro del direttivo, Sebastiano Bonzio. Durante la commemorazione verrà  fatta una lettura pubblica delle ultime lettere dal carcere dei Sette Martiri.

Di seguito, una ricostruzione dell’eccidio scritta da Leopoldo Pietragnoli e pubblicata in occasione del 60. anniversario.

Si fece festa grande, con abbondanti bevute, la notte sul 2 agosto 1944, sulle navi della Marina germanica attraccate alla Riva dell’Impero. Ma quando ci si accorse della sparizione di una sentinella di motovedetta, il Comando germanico non esitò a decidere la rappresaglia, che si abbatté su sette detenuti politici a Santa Maria Maggiore.

Essi erano: Aliprando Armellini, 24 anni, di Vercelli, partigiano combattente; Gino Conti, 46 anni, animatore della Resistenza nel Cavarzerano; Bruno De Gasperi, 20 anni, di Trento; i fratelli Alfredo Gelmi, 20 anni, e Luciano Gelmi, 19 anni, di Trento (i tre giovani trentini erano renitenti alla leva di Salò); Girolamo Guasto, 25 anni, di Agrigento; Alfredo Vivian, 36 anni, veneziano, operaio alla Breda, comandante militare partigiano nella zona del Piave, l’unico dei sette già  condannato a morte per l’uccisione di un marinaio tedesco a Piazzale Roma il 13 dicembre 1943, e l’unico a essere indicato dal Comando tedesco, mentre gli altri sei furono segnalati dalla Questura e dal Comando della Guardia nazionale repubblicana.

L’esecuzione volle essere anche una plateale “lezione” per gli abitanti di Via Garibaldi, da sempre zona antifascista. All’alba del 3 agosto pattuglie tedesche perquisirono le case, rastrellando oltre 500 persone – uomini e donne – che furono allineate lungo la Via, mani in alto e faccia al muro, e così rimasero per due ore, prima di essere costrette ad assistere alla fucilazione, dopo la quale 136 uomini furono condotti in carcere come ostaggi. Alle sei del mattino, i Sette Martiri, come subito li chiamò la voce di popolo, furono disposti in fila, legati tra loro con le braccia distese, schiena alla laguna, tra due pali eretti sulla Riva.

Un ufficiale tedesco lesse ad alta voce la sentenza e ordinò il fuoco al plotone di 24 soldati, davanti alla folla atterrita. Il cappellano del carcere, don Marcello Dell’Andrea, che aveva accompagnato in motoscafo i condannati, confessandoli e comunicandoli (soltanto Vivian si disse “non professante”), tenne alto il Crocefisso; un attimo prima della scarica dei fucili, Vivian gridò “Viva l’Italia libera” e un altro condannato implorò “Vendicateci”. Con scope e secchi d’acqua, alcuni bambini furono costretti dai tedeschi a ripulire la Riva dalle chiazze di sangue.

Pochi giorni dopo, le acque della laguna restituirono il corpo della sentinella tedesca. Non aveva ferite: il marinaio era caduto in acqua ubriaco ed era annegato. Era stata rappresaglia di guerra, e a conflitto concluso non ci fu processo. Soltanto tre giovani donne, alla cui delazione si doveva la cattura di tre dei Martiri furono condannate nel 1947 a otto anni di carcere, pena meramente simbolica per la sopravvenuta amnistia, che rese vano anche il processo contro il brigatista nero che aveva arrestato Conti.

Leopoldo Pietragnoli

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