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Youth, la Giovinezza. Sorrentino o delle vanità

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youth giovinezza sorrentino film di giovanni natoli

E’ diventato davvero imbarazzante esprimere un giudizio negativo su Paolo Sorrentino; assurto a gloria nazionale grazie a un Oscar per il discusso (e discutibile) pampleth para-Felliniano “La grande bellezza”, il regista è diventato una specie di Madonna nazionale che mettere in dubbio sembra sacrilego.

Una controcritica tra tutte viene rivolta a chi non condivide la visone cinematografica di Sorrentino: “noi italiani appena qualcuno vince un Oscar siamo pronti a criticarlo”. E spesso si aggiunge che dovremmo comunque sostenere chi porta a casa i risultati che fanno bello il nostro paese.
Paradosso che pochissimi avvertono: “La grande bellezza” dovrebbe, e dico dovrebbe, parlare dei mali dell’Italia, attraverso il Virgilio di turno, tale Jep Gambardella.

Ma non importa: così come il film, anche l’italiano medio (e per italiano medio non intendo dire lo spettatore comune, che magari difende Sorrentino pur avendo dormito con mezzo occhio alla visone dei suoi film ma l’establishment della critica ufficializzata, quella che di solito va da Marzullo a parlare di film o scrive su alcune testate), trova il suo cinema “poesia”, e io tremo sempre quando si usa il termine poesia. Ci vorrebbe pudore ma il pudore manca sempre in questi casi.

Benissimo; detto ciò, nel mio modesto ruolo di moviegoer, dico che l’Oscar a Sorrentino non mi intimidisce né ho alcunché per criticare il regista a scatola chiusa.
Non covo stizze personali così patologicamente radicate in me per trovare in Sorrentino un capro espiatorio. Dirò di più: ho adorato il “Divo”. Se avesse vinto l’Oscar sarei stato nel coro degli esultanti senza alcun ritegno.
Trovai “Il divo” un film che fondeva la spettacolarità con un discorso fluente, abile, centrato, grosziano, nei confronti del Politico per eccellenza. La scena in cui il gatto persiano paralizza l’Andreotti di Servillo verrà analizzata nel libro dei Ricordi cinematografici.

Per cui niente mi viene in tasca a parlare negativamente del regista. Piuttosto mi viene da chiedermi come mai sia riuscito a realizzare un film di tale portata come “Il divo” e di come gli elementi qualitativi di quell’opera siano ri-diventati dei macroscopici difetti; di come …

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