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Whiplash, piegare la volontà attraverso la musica

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Ciò che per Andrew dovrebbe essere una passione si trasforma in un incubo e in un testa a testa che lo porterà a decisioni dolorosissime (rinuncia persino a un amore sincero da parte di una giovane cassiera del cinema in cui andava con il padre).

Fino ad un certo punto il film riesce a mantenere alta la tensione: assistiamo al match tra i due protagonisti, osserviamo i sofferti cambiamenti interiori del ragazzo, che, a causa dei metodi coercitivi (qualcuno potrebbe obiettare che però danno dei risultati…) si forgia una corazza e sviluppa un’ossessione maniacale per tagliare il traguardo e non sentirsi un fallito, tentando di emulare il suo modello, il mitico Buddy Rich (che anche lui di scuole musicali non ne fece mai).

Si soffre, si odia e si parteggia con Andrew, se ne condividono le pene, si adotta un po’ della sua testardaggine. Vedremo mani che sanguinano nel tentativo di superare gli scogli del metronomo; ad un certo punto Andrew si presenterà al provino nonostante abbia subito, poco prima, un incidente d’auto. Un susseguirsi di follie che giungeranno ad un punto di svolta: un’avvocatessa gli propone di denunciare Fletcher, già responsabile di un suicidio di un allievo a causa dei suoi sistemi, che farebbero impallidire il sergente Hartmann.

Non proseguo oltre nel racconto della trama, poiché è un film costruito su delle soluzioni a sorpresa. Posso però dire che il modo in cui il film si chiude è decisamente deprecabile; dopo 103 minuti in cui si segue un film dalla fattura diligente ma non eccezionale, proprio nel momento in cui la storia avrebbe potuto svoltare ed elogiare la scelta di fare musica come piacere e gioia, con sacrificio sì ma senza che ciò debba diventare un duello all’ultimo sangue. Proprio quando la rinuncia alla sfida avrebbe potuto rappresentare la vera grande vittoria e il rifiuto verso un modo di vedere l’esistenza quantomeno bestiale, abbiamo un finale davvero prevedibile e ambiguo. Anzi, no: chiarissimo.

In qualche modo alla fin fine, in maniera subdola, si percepisce che forse Fletcher avesse delle ottime ragioni ad esercitare la sua crudeltà mentale (Fletcher è il vero fallito della storia ma il film non sa dirlo). Se Andrew vince la sua sfida lo fa con i sistemi di Fletcher e non con la tenerezza che il padre tenta di trasmettergli. Se dovessi tirare le somme, io che sono batterista, direi che il mondo avrebbe un fenomeno in più ma un artista in meno.

Questo piccolo film che cinematograficamente non ha nulla se non una buona capacità di portare avanti una storia, con un protagonista mediocre e un antagonista di micidiale bravura, alcune possibilità di sviluppo completamente dimenticate (gravissima quella di non portare a fondo un discorso sull’educazione dei giovani), una felicissima messa in scena di “ persone che suonano”(questa sì di enorme competenza), “Whiplash” appassionerà coloro che intendono lo strumentismo come match, gli istituti musicali come scuola dei duri, fondamentalmente misogini, la musica come ricerca del successo e l’America come eterna terra delle seconde possibilità.

Non siamo tanto di fronte a un dramma appassionante e ci deve essere per forza qualcuno che vince e qualcuno che perde, una favola a lieto fine ma senza maltrattare troppo il cattivo; anzi dandogli quasi un ruolo da deus ex machina.

Se cercate un film che parli di insegnamento ed educazione rivedetevi “La classe” di Laurent Cantent. Se invece pensate che la vita sia la sopravvivenza del più forte allora questo modesto film farà per voi.

WHIPLASH (2014)
r. Damien Chazelle
con J.K. Simmons e Miles Teller

giovanni natoli columnist la voce di venezia

Giovanni Natoli

23/02/2015

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