E’ un verbo che non dà nell’immediato una bella sensazione, intorpidire in fondo significa rallentare, fermare, si pensa ad un arto indolenzito, un po’ fuori uso.
Spesso quell’arto necessita di un massaggio, di riposo, di un analgesico.
Bastano queste poche informazioni per stabilire che è un verbo sgradito.
Se si accosta il suo nome alla società che viviamo, pratichiamo, inventiamo, si prova invece un senso di pace. Tutto corre in fretta, non c’è tempo per nessuno, tutto si usa e si getta, cose, sentimenti, ragioni, convinzioni e promesse.
C’è bisogno di un intorpidimento della fretta, dell’urlo, del correre (per andare dove?), del tentare e ritentare nuove avventure, del frequentare tutti e nessuno, della ricerca di nuovi e stridenti cellulari immaginifici che tra un po’ ci prepareranno anche il caffè (e farebbero bene) visto il continuo disturbo che ci arrecano.
C’è un’invocazione di quiete per fermare finalmente il non senso di questo muoversi alla cieca, quando il mondo ci gira intorno con i suoi ritmi che (meno male) nessun oggetto informatico intorpidito potrà modificare. Teniamoci stretti il giorno e la notte, l’alba e il tramonto, il sole e la luna. Non si sa mai.
Andreina Corso
20/06/2015
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