Assorbire il peso di una vita vissuta.
Riportare a sè, nel corpo e nell’anima ogni giorno trascorso della nostra esistenza che non sempre è certo di poter essere assorbito.
Forse la carta assorbente è troppo piccola o forse l’inchiostro uscito dalla boccetta si è travasato troppo in fretta.
Un dispiacere può dirsi assorbito quando fa meno male, così una botta, un colpo in testa.
Ci si può impregnare di confusione, inzupparsi di idee sbagliate, sostenere progetti folli, e mostrare una buona tenuta.
C’è chi non assorbe niente, che non si fa influenzare da nessuno, che si sente fuori di tutto e da tutti: e sopravvive illudendosi di essere autosufficiente.
Mente impermeabile, occhiali scuri, affinchè nè l’acqua, nè la luce possa contaminarlo.
Porte chiuse e finestre serrate intasano le voci che vorrebbero convincerlo ad aprire.
Andreina Corso
25/06/2015
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