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Voce del verbo. Sognare

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Sono i violini e la musica di Vivaldi a ricordare. . .
C’era quel gusto di luna negli occhi che si aprivano al cielo.
E dall’alto emanava un profumo di agrume maturo, scorza di limone e cedro, rubata forse, alle terre del sud.

S’insinua la lontananza che il sogno si mostra, tutta nel suo dolore di pane nero raffermo a dirmi che l’acqua salata del Mediterraneo bagna i miei occhi, per svegliarmi nell’involucro della notte, coperta di squame, per farmi pesce e nuotare con le onde, che lente, sognano il giorno e la luce del sole.

Sognare quando sai che il giorno ci svela il candore di ore che vanno, vengono, si fermano, si allontanano, come nuvole incerte nel gregge di pecore nere, che sognano il bianco per confondersi con il cielo dell’alba, tanto bianco, da costringere la pupilla a guardare, quel che resta della notte.

E mentre l’occhio che vede si confonde, si alza il dubbio di un sogno che tace.
Solo un suono di violino adagiato tra le mie mani, accenna ad un sorriso.

Andreina Corso

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