Voce del verbo
Vigilare
Prima coniugazione Modo infinito
Questa volta vorrei parlare ad un verbo che deve vigilare se stesso.
Stare attento quindi a quel che dice e quel che fa. Niente multe, solo osservazione.
E noi che siamo così zelanti nel vigilare “gli altri”, ci impegneremo a prestare cura al nome delle parole. Delle parole che dicono.
Se dico uomo non dico gente, anche se tutti e due sono nomi. Non sono uguali, perchè se è vero che gente è un nome, un uomo non è gente: è un uomo.
C’è l’abitudine di dire “certa gente”, quando si vuole essere sprezzanti.
In verità dicendo gente non si dice niente a parte l’invisibilità di chi si parla e una cultura approssimativa di chi dice. Di cultura umana, ragiono naturalmente, queste righe sono chiuse al razzismo.
Vigilare nei giudizi approssimativi della “maggioranza deviante” basagliana, che confonde il proprio bisogno di ordine con quello degli altri, dell’altro.
Se dico ordine e vivo in un palazzo, il mio disordine riguarderà l’argenteria.
Se dico ordine e vivo e dormo su una panchina, il mio ordine riguarderà il sacco che tengo stretto mentre dormo. Se non mi ammazzano di notte, al mattino faccio l’inventario e conto le mie cose, le sposto, le aggiusto e sopra ci metto la coperta.
Che tutto sia in ordine, accidenti a me.
Così se un mattino mi trovano morto, diranno che certa gente è proprio disordinata! E per forza, se sono una rom! Sono gente, non sono uomo o una donna e se volete, sparatemi pure.
Se sono un passero metto in ordine il nido, ma tu vigila, verbo Vigilare che nessuno chiami gente i miei piccoli.
Andreina Corso
05/11/2014
Buon compleanno Andreina!
Ho vigilato e mi sono ricordato, grazie per le tue riflessioni un po’ amare, ma giuste.