Mamadou Kamara, ivoriano di 18 anni, è lui il presunto responsabile del duplice omicidio di sabato notte a Catania. Dalla figlia Manuela, nel commissariato di Caltagirone, il riconoscimento che toglie ogni dubbio: l’omicida aveva addosso gli indumenti del genitore.
Mamadou Kamara, 18 anni, è arrivato a Catania dal mare l’8 giugno scorso. Dopo lo sbarco aveva chiesto di essere dichiarato profugo e per questo era ospite del Centro di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo di Mineo.
«Il cellulare l’ho trovato sotto un albero per strada», ha dichiarato, da sotto una montagna di indizi.
L’assassino di Vincenzo Solano, 68 anni, meccanico in pensione, sgozzato nella stanza da letto al primo piano, e di sua moglie Mercedes Ibanez, 70 anni, scaraventata nuda giù dal balcone, aveva rubato un cellulare, un pc portatile e una videocamera. Poi si è tolto in gran fretta i vestiti intrisi del loro sangue ed è fuggito dalla villetta di via Palermo con indosso un paio di pantaloni, una maglietta e le stesse ciabatte del signor Vincenzo.
Il capo della Squadra mobile di Catania, Antonio Salvago, durante i suoi accertamenti, ha pensato di piazzare degli agenti al centro profughi di Cara di Mineo, a dieci chilometri da Palagonia.
Ieri mattina, rientrando al centro di Cara, Mamadou Kamara era stato fermato dagli agenti all’ingresso, per via del pesante borsone che portava con sé. Il contenuto: un telefonino, un computer portatile e la videocamera.
Così è stato scoperto il duplice omicidio: Mercedes Ibanez era stesa nuda in cortile, i segni inequivocabili della caduta dall’alto, Vincenzo senza più vita su al primo piano, la casa a soqquadro, sangue dappertutto.
E mentre crescono i malumori della gente verso una comunità imposta che non sembra aver alcuna voglia di integrarsi, l’inchiesta prosegue nell’ipotesi che Mamadou non abbia agito da solo ma abbia avuto dei complici, altri extracomunitari come lui.
Redazione
31/08/2015
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