Fraintendere, capire una cosa per l’altra, credere di aver capito e invece no.
Vivere un rancore nato da una mancata e reciproca comprensione delle parole dette, degli atteggiamenti subiti.
E poi rendersi conto con sgomento, di aver frainteso.
Che fare? Quel che è detto è detto, quel che si è capito, pure.
Questo periodo storico che sublima l’informatizzazione rappresenta il momento ideale per i fraintendimenti, le nuove tecnologie, le abbreviazioni della parola, la fretta di consumare opinioni e di gettare in faccia all’altro il guanto della sfida, non giova alla verità.
Si stravolge un pensiero perché non si ha abbastanza a cuore l’importanza della parola, basterebbe saper cogliere la vera intenzione di una frase, di un ragionamento; ma per fare questo ci vorrebbe un’adeguata motivazione, il giusto tempo e il giusto senso.
Tutti i giorni assorbiamo notizie su chi è stato frainteso, vittima del malinteso che voleva affermare una concetto e invece se ne è capito un altro: diverso e distante da quello detto.
Eppure è difficile capire chi ha sbagliato e così di volta in volta il malinteso che segna il verbo fraintendere si regge su una semplice questione verbale: ” Mi sono spiegato male, o non hanno capito?”
Forse bisognerebbe imparare dall’orologio che pur dicendo con le sue lancette che sono le quindici, già specifica che non sono le tre. In fondo basterebbe guardare il cielo.
E già si eviterebbe di equivocare e di prendere un abbaglio.
Andreina Corso
28/04/2015
Riproduzione vietata