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Veneto, la regione dove il Pd di Matteo Renzi non arriva

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veneto pd di renzi non arriva
C’è una regione in Italia dove il Pd di Matteo Renzi sembra non essere mai arrivato: il Veneto.
Al contrario, l’onda del centrodestra qui non si ferma più.
Dopo essersi presa la Regione con Luca Zaia, 15 giorni fa, ieri è debordata nelle città, conquistando Venezia, Rovigo e sommergendo il Pd 5-0 nei ballottaggi per i sindaci. Un risultato choc per il partito del premier.
Così ha gioco facile Massimo Cacciari nell’affermare che nella città sull’acqua è andato in scena “il suicidio perfetto”.
“Nulla da dire su Felice Casson, persona onesta – aggiunge l’ex sindaco – ma ho predicato invano per un anno che quella che si andava profilando era una candidatura rischiosa”. Tant’è, il ‘candidato’ di Cacciari alle primarie veneziane del centrosinistra, il giornalista Nicola Pellicani, era stato battuto con nettezza dal ‘civatiano’ Casson.
Il quadro politico in Veneto vede ora i Dem ai margini: su sette Comuni capoluogo ne governano solo tre: Treviso, Vicenza, Belluno. La Regione è da vent’anni una questione Pdl-Lega.
A fare più rumore è in ogni caso la sconfitta in laguna, dove il centrosinistra non perdeva il sindaco da 22 anni.
Luigi Brugnaro, il self-made man di ‘Umana’, rivendica a buon diritto di non essere “ne’ di destra, ne’ di sinistra”.
Con la sua lista porterà a Ca’ Farsetti ben 17 seggi dei 36 della maggioranza.
Tuttavia è indubbio che l’appoggio di Forza Italia – Renato Brunetta ha raccontato che il ‘via libera’ Brugnaro l’ha ricevuto direttamente da Berlusconi – Lega Nord e Fratelli d’Italia hanno avuto un peso determinante nella ‘rimonta’ dell’imprenditore, indietro 10 punti al primo turno.
A chi si domanda quanto abbia pesato l’effetto Mose sull’esito del voto per il centrosinistra, risponde ancora Cacciari: “Nulla centra sul risultato lo scandalo Mose, perché se l’elettorato avesse guardato a quello avremmo preso l’1% ad essere generosi”.
“E’ stato sbagliato il candidato – ribadisce il filosofo – Ho provato a dirlo a Felice e poi a tutti gli altri, ma non c’é stato verso”. Per il centrosinistra l’ex sindaco vaticina “una stagione lunga e faticosa”. E da’ un consiglio: “I ‘vecchi’, come avevo già fatto io, se ne stiano a casa”.
Vecchio non è di certo il segretario del Pd Veneto, Roger de Menech, 42 anni, in politica dal 2004. Il deputato ‘renziano’ è segretario regionale dal febbraio 2014. Ma mentre il Pd Renzi prendeva quota, in Veneto i Dem hanno perso nel giugno 2014 la città di Padova (andata alla Lega) e sono usciti come da un tritacarne dall’election day 2015.
Con le schede che ieri notte decretavo l’ennesima sconfitta dei suoi a Venezia, De Menech si è visto passare davanti il proprio annus horribilis. Molti ormai nel partito – l’ha ribadito oggi la parlamentare trevigiana Simonetta Rubinato – invocano un congresso straordinario. De Menech non nasconde la difficoltà, ma prova a tenere botta. “Ci aspetta un lavoro lungo. Con umiltà e tenacia – afferma – dobbiamo riallacciare il rapporto con i cittadini, con i corpi intermedi e con quei pezzi di società che anche domenica hanno scelto di astenersi dalle urne”. E su Venezia ammette che il risultato di Felice Casson “sconta con drammatica evidenza situazioni di difficoltà non direttamente imputabili a lui”.

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