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Venezia e case ai turisti: il caso Barcellona. Se i residenti si ribellano

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venezia intasata turisti foto pierantonio vianello da facebook

Articoli sui giornali, commenti, post sui social, mai il dibattito sul turismo a Venezia è stato così rovente. Calli soffocate da gruppi e famiglie sbracate, vaporetti intasati da viaggiatori e trolley ai limiti della navigabilità per sovraffollamento, con residenti sempre più stressati e frustrati per non riuscire a fare le due cose più banali ma necessarie in un centro cittadino: andare a lavorare o andare a fare la spesa.
Il commento più divertente in un post di Facebook: “Ma cossa xe, carneval?” Commentando la foto in alto di Pierantonio Vianello che mostra un ponte “chiuso” da una muraglia umana.

Per tutto ciò – “statistificando” i pareri – i residenti identificano un solo responsabile: il proprietario di appartamenti (veneziano e non, mestrino o foresto, non importa) che affida la casa ad un’agenzia per guadagnare un tanto al chilo… pardon, un tanto a notte. Qualcuno dice che riescono a farlo pure in nero, non lo sappiamo. E’ però vero che l’altro giorno, conversando con il nostro portalettere (il caro vecchio postino) scoprivamo che la loro categoria è in grande difficoltà in città: una gran parte di campanelli delle case di Venezia non ha più alcun nome a fianco del pulsante. Dovendo consegnare una lettera che corrisponde come numero civico, che fare se non risulta che il destinatario sia in quel portone residente? Magari lo è, ma solo nominalmente, così da quello stesso portone, avendo tempo, si potrebbe vedere entrare ed uscire giovani con l’agenda sottobraccio che accompagnano coppie mostrando loro dov’è il contatore o a che ora vanno messe fuori le immondizie.
Se un affittacamere è in regola, perché non dovrebbe mettere la targhetta al campanello?

Ma Venezia è l’unica a confrontarsi con queste problematiche? No di certo.
Oggi salta agli onori delle cronache il caso di Barcellona: dopo le numerose proteste degli abitanti dei quartieri più invasi dal turismo, il comune di Barcellona ha ordinato la chiusura di 256 appartamenti turistici illegali e imposto una multa di 60mila euro ai portali Airbnb e Homeway, che salirà a 600mila euro se non cancelleranno dai loro siti le offerte per i locali non autorizzati.

Sono le prime misure decise su questo fronte dalla giunta del sindaco Ada Colau, vicina a Podemos, dopo la rivolta degli abitanti di quartieri come la Barceloneta o la Ciutat Vella, dove dilagano da anni gli appartamenti offerti al nero ai turisti.

La storia sembra quindi voler insegnare una lezione: l’amministrazione non vuole intervenire? I cittadini si ribellano e il comune è obbligato a prendere misure straordinarie.

Il piano a Barcellona, varato un mese fa con una dotazione di 1,3 milioni di euro, ha permesso fra l’altro di raddoppiare il numero degli ispettori incaricati di individuare le strutture ricettive illegali.

La mossa strategica? Un mese fa il comune ha invitato gli abitanti a denunciare gli appartamenti che ospitano illegalmente i turisti. Risultato: 400 denunce in un mese.
Avete idea quanti vicini o condomini stressati si lamentano ogni giorno nella nostra città? Se potessero cominciare a denunciare gli abusivi?

Le premesse spagnole però – va detto – erano un po’ più serie. La legge catalana sul turismo del 2002 impone la registrazione di tutti gli appartamenti affittati per turismo presso un ente apposito. Nel 2014 una modifica alla legge ha introdotto l’obbligo di mostrare il numero di registrazione su tutti gli annunci di appartamenti in affitto, senza distinzione tra chi affitta per professione e chi lo fa occasionalmente.

Quella sorta di far west che è il web nel nostro caso, non potrebbe proliferare in Spagna.

In ogni caso, la storia insegna che volendo muoversi bisogna fare presto.
La previsione teorica dell’irreparabile è presto fatta: residenti – affittuari = saldo negativo.

Spiegazione: 2015, San Francisco.
Con un referendum, l’amministrazione cittadina tentava di imporre un limite d’affitto di 75 notti all’anno, con i vicini di casa invitati a denunciare possibili violazioni.
I difensori del sì sostenevano che la diffusione di affitti a breve termine stesse danneggiando la situazione abitativa della città.
I sostenitori del no dicevano invece che a danneggiare i residenti sarebbe stato proprio il limite delle 75 notti.
Ha vinto il “NO”, con il 55% dei voti.

Da qui l’equazione: residenti – affittuari = saldo negativo = non ci sarà più niente da fare per i sopravvissuti: qualsiasi consultazione sarà vinta dalla maggioranza.

Laura Beggiora | 12/08/2016 | (Photo d’archive) | [cod turive]

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