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La scuola di Renzi è davvero “buona”?, il manifesto critico e stimolante di Sandra Ragionieri Scotti

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4)Nel capitolo “Scatti di competenza” fa riferimento al metodo per valutare prestazioni di insegnati e studenti definendolo sbagliato, quale secondo lei, ipotizzando, sarebbe la soluzione migliore?

Il documento ispiratore della “Buona Scuola” punta molto sul riconoscimento del merito agli insegnanti, da cui far discendere uno sviluppo di carriera, anche sul piano economico. Nel Disegno di Legge, il tema è completamente scomparso ed è stato sostituito dal cosiddetto “bonus di eccellenza”, che per quanto si comprende, spetterà a un numero limitato d’insegnanti. In ogni caso, sia i discussi e criticati “Scatti di competenza”, che il “bonus”, soprattutto per la misura economica, cioè gli importi in discussione, sono palliativi inefficaci, ammesso che s’intenda davvero, ma così non è, riqualificare una professione, quella dell’insegnante, per cui ci sarebbe piuttosto bisogno di ripensare alla retribuzione di base, fra le più basse in Europa. Va da se che sono favorevole al riconoscimento del merito agli insegnanti migliori: quelli che riescono a entusiasmare e far impegnare i loro studenti, a farli crescere, a sviluppare le proprie potenzialità.

5)Riguardo al rapporto scuola-lavoro, pensando al mondo del lavoro attuale, non crede che sarebbe molto più utile insegnare un mestiere o far sviluppare delle abilità creative e manuali ai ragazzi, piuttosto che degli stage scolastici della durata di pochi mesi dove imparare qualcosa alla fine è difficile? La scuola dovrebbe essere stimolante?

Nel saggio dedico abbastanza spazio a questo tema. Penso che lo stage sia un’esperienza positiva soprattutto in funzione dell’orientamento degli studenti verso gli studi dopo il diploma di scuola superiore o l’inserimento nella realtà lavorativa.
Credo che in ogni anno della scuola superiore si debbano fare esperienze didattiche che favoriscano l’operatività e l’impiego di strumentazione tecnologica, per sviluppare negli studenti abilità di tipo trasversale: lavorare in gruppo, progettare, organizzare, scegliere percorsi e strumenti, decidere…La Scuola può fare esperienze di questo tipo; ciò che fa difetto, ancora una volta, è la preparazione degli insegnanti ad affrontare una didattica che presuppone capacità molto diverse da quelle che servono per condurre la “lezione frontale”.

6)Sin dall’inizio, si percepisce una critica e un disaccordo al documento della “Buona Scuola”, nell’ultimo capitolo poi, in riferimento al ddl sull’istruzione della Legge di Stabilità 2015, è come se smentisse le buone intenzioni di tale decreto, secondo lei quindi cosa dovrebbe rimanere della cosa venir tolto dal documento “Buona Scuola”?

Contesto in primo luogo che non si risolvono i problemi della Scuola assumendo un certo numero d’insegnanti precari: questa è un’operazione che ha una valenza sul piano politico, doverosa, ma da cui non discende alcunché riguardo alla rinascita di una Scuola di cui si sente l’esigenza.
Sia il documento “ispiratore” che il ddl, fanno perno sulla necessità di realizzare appieno l’autonomia degli Istituti. A me pare, e su questo tema argomento nel saggio, che l’impianto della riforma, piuttosto che favorire l’autonomia, ne affossi le condizioni affinché possa essere estesa. L’aspetto più preoccupante è la mancanza di fondi pubblici da destinare alle scuole, una condizione essenziale per compensare il lavoro dei tanti insegnanti che sono impegnati nel miglioramento della scuola pubblica.

7)Ha un desiderio particolare per il futuro della scuola italiana?

Sì. Che finalmente ci si occupi degli studenti, della loro formazione, come persone e come cittadini. Che a fare questo siano chiamati gli insegnanti più bravi, quelli che hanno l’attitudine per svolgere questa delicata e complessa professione, che siano adeguatamente selezionati, che siano resi consapevoli di un progetto culturale compiuto, da cui possa, davvero, avviarsi una rinascita dell’intera società.

Alice Bianco

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