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Renzo Ferrarini: “Equoree affinità” a Venezia, Centro d’Arte San Vidal

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Renzo Ferrarini: "Equoree affinità" a Venezia, Centro d’Arte San Vidal

Inaugurata il 1^ Aprile u.s. nelle antiche sale della Scoletta di San Zaccaria – Centro d’Arte San Vidal – U.C.A.I. di Venezia, la Mostra personale del Pittore mantovano RENZO FERRARINI.

Trattasi di importante Artista che operò prevalentemente con la tecnica dell’acquarello, traendo da tale specialità le sue più importanti declinazioni pittoriche, con una riuscita carica emozionale ed interpretativa di vedute urbane di molte città del mondo.

La mostra al presente è stata dedicata, per volere dei famigliari, al trasporto amoroso dell’Artista per la nostra Città, da Lui vista con il sentimento filiale di chi sente di poter entrare nei gangli più intimi della vita degli esseri e delle cose.

Non è un caso allora, che le sue vedute veneziane abbiano il trasporto medianico di chi sa trarre dal vero il segreto che tale visioni, conservate come un tesoro, sanno svelare a chi veramente le sente quali indicazioni delle vita passata e presente di una Città qual’è Venezia aperta al gioco della solarità diurna, quanto delle misteriose vedute notturne colme di un pathos che il Pittore ha saputo
carpire con l’abilità dell’osservatore capace di captare il flusso segreto della storia e della magia “ Morganiana” così presente nella storia della Città anadiomene.

La Mostra è stata illustrata dallo scrivente al Vernissage, a seguire si può leggere il testo di presentazione inserito in catalogo.

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Non ho avuto l’occasione di conoscere personalmente questo straordinario Artista, capace di leggere nell’animo delle Città, e di ciò mi rammarico poichè il contatto con un tale Poeta non avrebbe potuto che arricchire la mia conoscenza dell’Arte e delle segrete pulsioni che la agitano.

Leggo che, sin dall’inizio della sua carriera di pittore, scelse la difficile tecnica dell’acquarello, salvo rare occasioni, scelta questa che da sè delinea la figura di chi in arte sa donarsi completamente senza pause e ripensamenti, direi senza paura di incappare in occasionali errori: il proseguo della sua attività gli darà ampia ragione visti i risultati ottenuti che ci danno la misura di quanto seppe coniugare concetto e tecnica dando vita a visioni dense di armoniche apparizioni.

Mantovano di nascita si abbeverò da subito delle bellezze della Città virgiliana traendo dai suoi monumenti, dalle sue antiche espressioni urbanistiche quella linfa che gli avrebbe permesso di instaurare quel magico rapporto dal quale si dipanò la genesi di quella pittura in cui possiamo assaporare i meravigliosi frutti artistici sbocciati, i quali ci danno l’esatta sensazione di quanto l’amore per la propria “culla” possa guidare l’ansia di mostrare ai fruitori della sua arte ciò che l’animo gli suggeriva; non è pertanto casuale che le opere in cui Mantova appare si mostrino come sospese in un limbo smaterializzato mettendo in evidenza la bellezza delle vie ammantate di neve, che spesso incontriamo nella sua produzione, quanto nel mostrare le stesse accarezzate da un biancore solare che ben mette in evidenza il gioco del chiaroscuro assumendo così caratteristiche di pulsioni animistiche, aiutato in questo dalla magia dell’acquarello le cui diafane palpitazioni si sovrappongono per dar vita a magiche apparizioni colme di un segreto pneuma.
Da tutto ciò possiamo evincere quanto Ferrarini non sia certo un pittore di retoriche artificiosità e, men che meno, un adepto della moda. Il suo tempo è fuori dal tempo.

Nel gioco delle occasioni che la vita ci offre ad un certo momento della sua carriera appare all’orizzonte dell’Artista la diafana linea della Città anadiomene, quella entità che il Poeta Diego Valeri così descrive: “ C’è una città di questo mondo, ma così bella. ma così strana, che pare un gioco di Fata Morgana, o una visione del cuor profondo….” la quale, come successo a molti altri Artisti di ogni tempo, gli prende il cuore e l’animo e lo conduce sulla via della rappresentazione delle emozioni che tale visione gli procura. Nascono da qui le intense opere che possiamo ammirare in questa Mostra, dipinti densi di una malia che solo la città delle “pietre galleggianti” è capace di promuovere.

La Venezia di Ferrarini non risulta essere la mera trasposizione di un veduto ma, meglio, l’interiorità di quel veduto, la somma delle emozioni che il paesaggio esala, il segreto palpito di una “Creatura” addensata di sentimenti e di emozioni rapprese nel fulgore della Piazza San Marco che sembra galleggiare nel nulla della storia, quanto la malia di un balcone gotico sulla facciata sbrecciata di un palazzo di cui ricordiamo solamente il nome.

Tuttavia l’Artista sa cogliere anche un’altra parvenza della Città che si materializza particolarmente nei misteriosi notturni che il Pittore stende sulla carta in cui le piccole luci sembrano giocare a rimpiattino con la distesa del buio circostante, soli testimoni di una vita che scorre quasi intimamente e che all’alba si spegneranno per far posto alla luce solare.

Qui Ferrarini si approccia alla Venezia vivida del giorno per dar vita alla Città splendente, seppur parzialmente occultata dalle fumose nebbie “turneriane”, in cui ogni elemento si gioca la sua spiritualizzazione per donarsi alla magia del sogno fatto solamente di trepide luminescenze che si insinuano dolcemente dei nostri gangli più intimi, quasi a farci vivere in simbiosi con gli stati d’animo dell’Autore nell’attimo della nascita dell’opera d’arte.

Eppure, malgrado le insinuanti parvenze, l’entità urbanistica dipinta da Ferrarini è una Città reale dove si intuisce la presenza dei suoi abitanti tramite le deliziose “macchiette canalettiane” che il Pittore delinea con veloci pennellate, e l’accennato transito tra la notte ed il giorno che pare proprio cadenzare il ritmo del tempo in una realtà palpitante di vita; ed è proprio in questo suo testimoniare la continuità dell’esistenza dell’Uomo e delle sue opere, che l’Autore si colloca tra Coloro che nell’Arte trovano una dimensione reale capace di dare sostanza alle rime di un poema.

Non posso dimenticare, scorrendo il percorso artistico del Nostro, come Egli abbia creato una “Pittura” di nicchia che sola gli appartiene: una splendida serie di “Interni” ove, al contrario di molti suoi colleghi, l’Uomo non si palesa, ma di quell’Uomo si sente importante la presenza.

Sono dipinti che emanano un profumo, anzi un “odore”, di famiglia. Le riposanti zone ombrose ci parlano di momenti di relax, le suggestive composizioni floreali che adornano le stanze ci donano attimi di appagamento spirituale, mentre le tavole imbandite parlano di incontri amicali testimoni di relazioni tra persone che dividono gli stessi interessi; il tutto viene descritto dal Pittore con una abilità che ci riporta alla mente certe luminosità dei palcoscenici descritti da Degas, ove la luce artificiale si insinua tra gli oggetti e i mobili creando movimenti di incontro tra luminosità ed ombra; sono suggestioni infinite che fanno perdere il transito temporale cancellando dalla mente ogni ricordo di bruttura.

Nel contesto così descritto si evidenziano qua e là magnifiche nature morte dai brillanti colori, esaltazione di una Natura che rasenta la perfezione, suggestionando lo spettatore il quale, per un solo infinito momento, si trova a rivivere in Arcadia.

Renzo Ferrarini, nasce Pittore per dipingere il Bello del mondo, entrando spesso in osmosi con ciò che lo circondava per la gioia Sua ma, soprattutto, per la nostra felicità.

Giorgio Pilla

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