Voler morire a 12 anni. Può esistere un’angoscia così grande? Un’angoscia indotta, non endogena, provocata, come quella che sta emergendo con le indagini sul tentato suicidio della ragazzina di Pordenone.
Era il 10 gennaio. Non ce la faceva ad andare a scuola, così la 12enne resta a casa per tutta la settimana per malattia. Però i bulli sono sempre là, nella sua mente la stanno aspettando. Così si fa largo nella sua mente l’idea di farla finita e scrive le due lettere.
Ieri era di nuovo tempo di tornare in classe ma non ce la faceva: è salita sul davanzale della finestra e si è buttata giù pochi minuti prima che sua madre andasse in camera a svegliarla. Una tapparella aperta al piano di sotto ha attutito il colpo, arrivano i soccorsi. A loro confessa di non farcela più di: «vivere in un mondo di persone cattive». Aggiungendo: «A scuola me lo dicevano: perché non ti uccidi? Ucciditi».
Ci si chiede dov’erano gli insegnanti? Dov’era la dirigente scolastica che ieri ha parlato di classe con un normale gruppo di dodicenni?
Quel gruppo ‘normale’ a cui la ragazzina ha scritto l’ultima lettera: «A quest’ora saprete già che sono morta…». «Per alcuni di voi sarà certo una notizia bellissima» e altre frasi.
La 12enne è viva, sarà sottoposta a delicati interventi per le fratture e devono ancora essere valutate con precisione le conseguenze delle lesioni alla colonna vertebrale.
Nessuno può esprimersi sulle conseguenze interiori nel tempo, quelle che non si vedono. Questa la vittoria dei Bulli oggi. (pordebu)
Paolo Pradolin
19/01/2016
(foto: repertorio)
