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Quargnento, proprietario della cascina: “Sono stato io, l’ho fatto per i soldi”

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Quargnento esplosione è stato giovanni vincenti proprietario

Quargnento: è stato il proprietario della cascina a organizzare l’esplosione nella notte tra il 4 e il 5 novembre.

Nell’esplosione, deflagrata come due bombe in successione per mezzo di bombole, sono morti tre vigili del fuoco.

Giovanni Vincenti, proprietario della cascina saltata in aria, è stato fermato nella notte. E’ accusato di omicidio volontario plurimo, disastro doloso e lesioni le accuse nei confronti dell’uomo, che ha confessato.

La moglie di Giovanni Vincenti è indagata a piede libero per gli stessi reati.

Vincenti avrebbe confessato: “Avevo bisogno di denaro, ma non volevo uccidere”, ha detto ai carabinieri del Comando provinciale di Alessandria. E ha poi ripetuto la stessa confessione davanti al giudice, nel carcere alessandrino.

Nei confronti di Vincenti e della moglie un quadro indiziario fatto di “elementi oggettivi”. Dalle immagini delle telecamere di sicurezza della zona, che immortalano i due indiziati nelle vicinanze del caseggiato, alle istruzioni del timer usato come innesco delle bombole del gas. Un foglietto che gli investigatori dell’Arma hanno trovato “in bella vista”, e sequestrato, sul comò della camera da letto durante la perquisizione della sua casa.

Vincenti, piccolo imprenditore dalle molteplici attività, è crollato dopo quattro giorni di bugie. “Sono distrutto dal dolore per questi tre ragazzi che sono morti sotto le macerie di casa mia, dove abbiamo vissuto in armonia e amore per tanti anni – aveva detto ai cronisti – Il perché non lo so, o meglio, penso per pura e semplice invidia”, aveva sostenuto, adombrando persino alcuni sospetti.

Nulla di vero: secondo l’accusa è lui ad avere comprato le sette bombole di gas e i due timer e ad averli azionati con l’obiettivo di incassare il premio – un milione e mezzo di euro il massimale – dell’assicurazione della casa – che ad agosto aveva esteso “ai fatti dolosi altrui”, spiega il procuratore di Alessandria, Enrico Cieri.

Qualcosa però è andato storto nel piano criminale dell’uomo, che da aspirante truffatore di assicurazioni si è trasformato in responsabile della morte di Antonino, Marco e Matteo.

“Il timer era stato settato all’1.30, ma accidentalmente c’era anche un settaggio alla mezzanotte – spiega il magistrato – Questo ha portato alla prima modesta esplosione che, ahimè, ha allertato i vigili del fuoco”.

A quel punto Vincenti avrebbe avuto “mezzora di tempo per evitare la tragedia”, ma non ha dato l’allarme, lasciando che le bombole inesplose nel primo incendio continuassero a buttar fuori il gas.

Il botto mortale all’1.32, quando è scattato il secondo timer, uno di quelli che si utilizzano di solito per accendere l’albero di Natale.

Vincenti lo aveva acquistato in un area di servizio di Alessandria, mentre le bombole erano state comprate singolarmente in diversi momenti e da differenti venditori.

Per rendere più credibile la messinscena, l’imprenditore aveva anche simulato un tentativo di effrazione, segando le inferriate di due finestre con un flessibile che si era fatto prestare.

“Se avesse avvertito i soccorritori – ribadisce il procuratore di Alessandria – non saremmo qui oggi”. “Non ho parlato perché sconvolto per un gesto andato al di là delle intenzioni”, ha spiegato agli inquirenti il proprietario dell’immobile.

“Volevo solo provocare danno alle cose”, ha insistito, senza però evitare l’accusa di omicidio volontario plurimo.

“Giustizia comincia ad essere fatta, ma purtroppo i nostri ragazzi non ci sono più”, commentano i vigili del fuoco di Alessandria, che ai funerali di ieri avevano chiesto di scoprire “chi è perché ha fatto tutto questo”.

“Beccateli, dovete fare di tutto per beccarli”, avevano aggiunto i famigliari delle tre vittime rivolgendosi al premier Giuseppe Conte. Un appello raccolto dagli investigatori dell’Arma, agli ordini del colonnello Michele Angelo Lorusso, che “lavorano da giorni pancia a terra”, sottolinea il procuratore Cieri complimentandosi per l’indagine. “Una attività fatta bene”, che ora prosegue “con accertamenti per arrivare a un quadro pieno di elementi circostanziati e conferme”. A cominciare dal ruolo della moglie del fermato, che è stata “interrogata, rilasciata e indagata a piede libero per gli stessi reati” del coniuge. “Il figlio? No comment”, si limitano a dire gli inquirenti sulla posizione di Stefano Vincenti. Le indagini proseguono.

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