Un profugo nigeriano accolto nel Veneto si rivolge al Giudice e gli confessa di aver ucciso lo zio durante una violenta lite con un uomo che aveva testimoniato il falso, favorendo lo zio stesso, a scapito del padre, in una vicenda di eredità familiare.
Anche se la Commissione prefettizia di Padova qualche mese fa aveva ritenuto che il nigeriano non possedesse i requisiti per la protezione internazionale e avesse deciso di obbligarlo al ritorno in patria, l’uomo non si arrende.
Si rivolge alla Onlus padovana “Per il mondo” e attraverso l’avvocata Chiara Pernechele, chiede al Tribunale di Venezia una rivalutazione del suo caso e dei fatti avvenuti.
Ritenendo di aver agito in difesa del padre e sapendo che il ritorno in Nigeria gli costerebbe la condanna a morte, il profugo sollecita il Giudice, a valutare nuovamente il suo diritto alla protezione internazionale.
Il giudice stravolge l’iter e le decisioni della Commissione prefettizia e stabilisce che ne ha il diritto. Prima di tutto – spiega il Giudice – la Nigeria vive una situazione di grande insicurezza e raccomanda di non imporre rimpatri forzati e di questo fatto bisogna tener conto.
Inoltre, anche se persistono seri dubbi sulle dichiarazioni del nigeriano ( il Tribunale condivide in fondo le valutazioni della Commissione prefettizia), va presa in considerazione la circostanza per la quale è fuggito dal suo paese: la condanna alla pena di morte. E questo è un fondato motivo per riconoscergli la protezione internazionale.
Se ne ridiscuterà nei prossimi mesi, in Appello, dato che il Ministero dell’Interno, ha impugnato le motivazioni della sentenza.
Andreina Corso | 29/09/2016 | (Photo d’archive) | [cod turive]